Lo stomaco dell’Onorevole

Brucia. Uh, come brucia. Un senso di calore che attanaglia il piloro e poi risale e riscende, fino a toccare l’anima.

«L’anima dei so’ morti cani!» sibila l’Onorevole, mentre la mano corre veloce alla tasca e ripesca dagli anfratti della fodera un blister di antiacido.

Il Portavoce annuisce, silenzioso. È da due mesi che vivono nell’abitacolo del SUV, sballottati da una parte all’altra del Collegio elettorale e della Regione per fare propaganda per il Referendum. Dopo aver finito la campagna per le Regionali, e prima ancora per le Europee e per le politiche. A dire il vero non ricorda più l’ultima volta che ha visto la famiglia e ha pranzato a casa perché non c’era una campagna elettorale in corso.

L’Onorevole ha la faccia giallastra e tirata, la bocca rigida in una smorfia. Il telefonino giace sul sedile abbandonato dopo l’ennesimo scatto d’ira al seguito di una telefonata tempestosa con il Capogruppo.

«Certo, è una situazione fastidiosa.» azzarda. I rapporti con il Capogruppo sono difficili da settimane, perché è chiaro che se passa il Referendum saranno concorrenti per lo stesso seggio alla Camera, dato quello del Capogruppo al Senato sparirebbe. Ma di mollare il suo collegio storico l’Onorevole non ha nessuna intenzione: è la sua casa, la sua tana, il centro del suo potere. Così fra i due si è aperta una lotta sotterranea e silenziosa, fatta di mosse e contromosse ragionate e fetenti. Battono ad una ad una alternandosi tutte le sagre del territorio, le fiere di paese, le feste di quartiere. Ogni pacca sulla spalla, ogni salsiccia bollente ingurgitata con cucchiaiate di polenta è un piccolo tesoretto di voti che si accumula nei loro forzieri. Ogni invito è frutto di trattative segrete e fulminee con gli organizzatori dell’evento, che devono essere contattati, convinti, blanditi per accettare l’uno o l’altro in alternativa, senza però dire loro apertamente dello scontro in corso, perché questo chiarirebbe loro che sono in una posizione di potere, e nessuno deve essere in grado di ricattare con questa consapevolezza: l’arrivo del politico alla Sagra di Vattelappesca deve essere sempre un favore, non una necessità, e deve venire calata dall’alto come una regalia, non richiesta come un dono.

«Stasera dove siamo?» chiede l’onorevole, trangugiando la pastiglia con un sorso d’acqua preso direttamente dal collo della bottiglietta di plastica, che dopo tante ore nella macchina è calda come piscio di gatto e ha lo stesso odore.

«Alla Festa della Sbrisa di Sartora di Sopra fino alle 20.30 e poi andiamo a Piccoreggio, alla Sagra del Salsicciotto in Toccio per il dibattito sul Referendum costituzionale.»

«Chi modera?»

«Millardini, della Gazzetta. È un coglione.»

«Lo abbiamo chiesto a posta, è un coglione dei nostri. Ma l’altro chi è?»

«Ferrando.»

«Cazzo, Ferrando. Quel mezzo monaco che mangia niente e beve solo acqua minerale?»

«Sì.» annuisce il Portavoce.

«Non ci voleva. Non capite mai un cazzo. Non mi dovete mettere i dibattiti alla sera con Ferrando. Al massimo al pomeriggio. Come cazzo si fa a fare un dibattito con Ferrando dopo aver mangiato il salsicciotto in toccio? Io con quel coso sullo stomaco e lui fresco come una rosa perché ha mangiato sì e no una galletta di soia?»

«Lo so, ma…»

«Lo so ma! Poi Ferrando è pure uno ex radicale di quelli precisini, rompiballe che citano tutte le leggi con i numeri di articoli! E io con il salsicciotto sullo stomaco come gli rispondo, a rutti?»

Il Portavoce sogghigna: «Sarebbe un successo…»

L’Onorevole lo fulmina con una occhiataccia. Fa sempre parte della vecchia scuola. Ancora adesso si presenta ai comizi in giacca e cravatta e non sbaglia un congiuntivo. È entrato in politica quando ancora certe cose contavano e non accetta di rassegnarsi allo svacco generale.

«Ritardiamo.» ordina brusco.

«Come? Ma ci aspettano per il giro degli stand…» trasecola il Portavoce.

«Arriviamo in ritardo. Mica troppo, venti minuti. Non diranno niente, ci sono abituati. Telefona a Cangardo, l’organizzatore, e avvertilo. Se lo conosco, per prendere tempo porta Ferrando a fare il giro al posto mio.»

«Ma a noi serve il giro! Lo vedranno lì, c’è il rischio che lo trovino simpatico…»

«Ma chi, Ferrando? Ma lo hai mai visto? È un bonzo. Si farà odiare perché chiederà un bicchiere di acqua liscia invece del rosso della casa. Poi è anche vegano.. gli rifilano di certo la zuppa di fagioli senza dirgli che c’è dentro la cotica! Così gli si impianta sullo stomaco per i sensi di colpa e il dibattito è più equilibrato.»

«Allora telefono che arriviamo in ritardo…» fa poco convinto il Portavoce.

«Sì. E alla sagra della Sbrisa per carità tienimi il piatto e non farmi mangiare troppa polenta e funghi.»

«Polenta e funghi…» ripete il Portavoce frastornato.

«Voi giovani! – sbotta l’onorevole – Siete sempre lì a cianciare di strategie di marketing, analizzare i social…la politica è una roba di stomaco. Devi avercelo forte. E saperlo amministrare bene, o non sopravvivi alle campagne elettorali. La politica è l’arte di sapere quando devi inghiottire una cosa e quando no.»

«Certo. Inghiottire.»

«Ecco, bravo. Passami di nuovo l’antiacido, che alla sagra prima ho mangiato troppe costicine. E di’ all’autista di andare più piano. Dobbiamo arrivare in ritardo.»

Il Portavoce annuisce. L’Onorevole butta giù un’altra pastiglia. Il tramonto si disegna all’orizzonte mentre il SUV rallenta sulle strade del Nordest.

14 Comments

  1. c’è da riflettere fra il rapporto fra cibo e politica

    ricordo un documentario bellissimo sui gorilla nel quale la studiosa, per avvicinarsi e creare senso d’amicizia con i simpatici quadrumani, compiva il gesto di nutrirsi con loro delle stesse foglie

    allo stesso modo chi avvicina un gruppo sociale, tende a mostrarsi fraternamente incline alle stesse vivande, sì che colui che vuol carpire benevolenza di taluni si ingozza di tofu, di talaltri si ingozza di salamelle, stinchi, e via esplodendo i trigliceridi

    ma non accade solo in politica, per portare a compimento una vendita importante capita, in quel di genova ad esempio, di ingozzarsi di stoccafisso in umido per compiacere il cliente che cerca il «colore» locale, così come con i russi devi per forza squarciare il fegato di vodka

    insomma sono eroismi di chi lotta, la dieta perfetta e bilanciata è un lusso da garantiti, da 27 certo ogni mese che manda Iddio

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  2. la tua risposta è polemica, non credo sia giusto che io argomenti

    peccato, scrivi post bellissimi, mi spiace questo stile acido nell’interloquire

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  3. Credo che la tua ultima frase non sia giusta verso tanti “garantiti” che prendono sul serio il proprio lavoro, di qui la risposta risentita 🙂

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  4. No, la risposta è meritatissima, Diego, è il tuo commento che non sta né in cielo né i. Terra, perché ti informo che c’è gente che lavora come dipendente e si fa un sedere tanto, lavorando in condizioni molto peggiori di quelle che puoi aver affrontato tu ai pranzi aziendali e alle ciucche con i Russi. E sarebbe ora che facessi un bagnetto si realtà, che non ti farebbe male.

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  5. d’accordo, ma nel tuo blog hai tutto il diritto di scriver quel che credi, e di risponder come t’aggrada, non devi scusarti per la tua «ruvidità»

    a me, uomo dall’indole pacifica, dispiace, ma tutti abbiamo i nostri preconcetti, le nostre facili stereotipe tipologie sociali, e riverberano nei nostri ragionamenti

    continuerò a leggerti, sei una vera scrittrice, non conta il tuo carattere privato in questo

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  6. Diego, io non mi sto scusando per nessuna ruvidità. Esit u che hai scritto un commento offensivo nei confronti di chi lavora, dettato da un tuo preconcetto indifendibile. È un problema tuo, non mio.

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  7. e dai galatea, mamma mia, scherizamo un po’ dai, non ho scritto «chi lavora», ho scritto da 27 certo ogni mese che manda Iddio

    quindi, fra costoro non tutti lavorano, prendi ad esempio le persone andate in pensione anni fa con 15 anni di servizio, più giovani di te adesso

    prendi i percettori di pensione (i tanti ciechi che giocano a tennis) oppure i malati di silicosi (ufficialmente…) che respirano benissimo

    è vero, le pensioni arrivano il primo e non il 27, ma era perchè suonava bene, non siamo forse un popolo di poeti?

    ho scritto una battuta, le pagliericce caudate propaggini han preso fuoco, suvvia

    sì ho sbagliato, non lo faccio più, e domani vengo accompagnato da mio padre (90 anni) e con la nota firmata

    p.s. i russi non li ho mai incontrati, ho lavorato di fantasia, lo stoccafisso invece lo devo digerire ancora adesso

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  8. Che fervida immaginazione, da favolista, quasi. Solo, mi sfugge il motivo per cui i due parlamentari si dovrebbero trovare a competere “a suon di sagre del vattelapesca” per un seggio in un collegio plurinominale, per il quale è possibile l’espressione di non più di due preferenze con la regola della differenza di genere.
    Ci sarebbe poi la faccenda delle liste, decise dalle meccaniche interne di partito, quanto di più lontano dal voto conquistato “a colpi di polenta e funghi”.
    Resta comunque una gran bella favola.

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  9. Ci sarebbe il fatto che all’interno del partito si viene scelti in base a quanti voti si porta, e conquistarli alle sagre è uno dei metodi più sicuri. Anche per i collegi plurinominali questa regola vale sempre, è in vigore dai tempi dei collegi plurinominali della ormai lontanissima Prima Repubblica.
    Chi ha una immaginazione da favolosa, ma ha frequentato parecchi politici della Prima e Seconda Repubblica (anche alle sagre) questa cose le sa.
    Buona serata.

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