Quelli che non conosci se non tramite libro

Ora uno dice: tu lo conoscevi Umberto Eco? No. Nel senso che non ci siamo mai incrociati. Non abbiamo, come si dice in Veneto, mai mangiato assieme pasta e fagioli. Ma neanche preso un cappuccino, o uno spritz. Mai mai mai intersecati di striscio. Nemmeno ad un convengo. Nemmeno per sbaglio di corsa al binario in stazione, mentre andavamo a prendere due treni diversi. 

Quindi, ragionevolmente, che diavolo dovrei poter scrivere io il giorno che muore Umberto Eco? Giusto “riposa in pace” e amen. 

Non ci fosse quella sofisticatissima tecnologia che si chiama “libro” (e lasciamo perdere che sia cartaceo o eBook) io su Umberto Eco non avrei proprio nulla da dire. 

Invece hanno inventato i libri. E allora accade, da millenni, questa cosa stranissima, una magia. Che persone che non conosci ti parlano, ti fanno scoprire delle cose, sono i tuoi maestri. Persino se non li hai fisicamente vicino e persino se sono morti da un bel po’.

C’è gente, per dire, che spende fortune per parlare con lo zio buonanima, e finanzia i maghi Otelma e le Vanne Marchi di turno. E invece noi che leggiamo no: ci basta prendere un libro e ci facciamo con centinaia di migliaia di defunti lunghissime conversazioni, con in più il bonus che di solito, se sono defunti che scrivevano, erano pure un botto più intelligenti dei parenti nostri.

E allora io Umberto Eco non l’ho conosciuto, e ormai purtroppo non lo conoscerò più. Ma caspita se ci ho parlato in questi anni. Da quando ero ragazzina e mi sono letta in due giorni  Il pendolo di Focault. E poi i suoi saggi, e le bustine aull’Espresso. E ci ho pure litigato a sangue, negli ultimi tempi, quando scriveva sui Social cosa che a me facevano girare tantissimo, e mi veniva da gridargli:”Ma Sant’Iddio, no!”

La mia passione per la storia è un po’ colpa sua, e pure un po’ suo il modo in cui ho imparato a decodificare la realtà. E continuerà ad esserlo, perché comunque su certe cose ho imparato dai suoi libri a ragionare con le categorie sue, ad amare altri autori che ho conosciuto perché li citava lui.

E allora io non ho niente da dire sulla morte di Umberto Eco. Perché, di fatto, di persona non lo conoscevo. Ma anche perché posso continuare a leggerlo, e quindi, in qualche modo, non è comunque morto. 

3 Comments

  1. Leggere le opere di un autore è un po’ come conoscerlo. L’autore e i suoi personaggi mangiano spesso con me e mi tengono compagnia sul divano, a letto o mentre mi sposto in treno. Sono un po’ di famiglia, insomma.

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  2. credo che questo ricordo di Eco sia veramente migliore di tanti panegirici che si sono letti in questi giorni, dove tutti lo ricordano come se fosse il migliore di tutti. Di lui ho apprezzato l’opera – forse – più famosa. In nome della rosa e poi ho sul comodino – virtuale – Baudolino. Del resto non ho letto nulla. Forse è poco, forse no. Dipende. Nel mentre mi gusto con calma il tuo post.

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