Dieci cose che non sopporto quando si parla di scuola

Da docente, ma anche da cittadina e da ex alunna, ogni volta che si parla di scuola confesso che mi prende l’intorcolo di stomaco (non si dice intorcolo? sì, si dice, è quella roba che mi viene quando si parla di scuola). Finisce che baruffo, baruffo con tutti, a Destra e a Sinistra, perché, quando si parla di scuola, ci sono alcune cose che me le fanno girare, e tantissimo, non perché sono cose di destra, o di sinistra, ma perché per conto mio sono semplicemente grandissime scemenze.

1. La scuola privata. Vuoi mandare i tuoi figli alla scuola privata? Mandaceli, sei liberissimo. Però non venire a chiedere i soldi a me. Non ti voglio finanziare e non voglio nemmeno che tu abbia una riduzione delle tasse. Per altro, tutti i dati OCSE e PISA, cioè quelle valutazioni a cui ti appelli per dimostrare che la scuola pubblica fa schifo, dimostrano che la scuola privata insegna in Italia ancora peggio di quella pubblica. Per cui, in pratica, io ti darei un aiuto economico per mandare i tuoi pargoli a studiare in scuole che li preparano pure peggio di quella pubblica che disprezzi. E’ un controsenso, renditene conto e piantala.

2. La valutazione dei docenti (e dei dirigenti): sì, io sono favorevole ad essere valutata. A dire il vero lo sono stata già al momento dell’immissione in ruolo, perché mi sono vinta un concorso ordinario. Ma sono favorevole anche a venire valutata ogni tanto, sia sui contenuti che sulla didattica, perché trovo giusto che ogni tot anni qualcuno verifichi se mi ricordo ancora quello che dovrei insegnare. E sono anche però d’accordo che, se dimostro di saperlo e supero la valutazione, mi venga anche riconosciuto un consistente bonus economico, esattamente come viene riconosciuto nelle aziende private, perché sinceramente 60 euro di carità e una pacca sulla spalla dopo che per tre anni mi viene chiesto di far di tutto sono una presa in giro.

3. L’orario: 18 ore di lezione settimanale, se le fai bene, sono un carico di lavoro notevole, sia lavorativo che emotivo, contando che abbiamo a che fare con ragazzini e ragazzi. Per altro, in nessuno Stato al mondo se ne fanno di più, e i giorni di sospensione delle lezioni in Italia sono meno che in altri Stati europei. Inoltre piantatela una buona volta di confondere l’orario di lavoro con l’orario in cui sono in classe. Io lavoro anche nel pomeriggio per preparare le lezioni, correggere i compiti, aggiornarmi, andare a riunioni. Non ci credete? Vuol dire che siete degli imbecilli. Dei grandissimi imbecilli, per dirla tutta. Inoltre il mio, che ci crediate o no, è un lavoro intellettuale: non faccio la baby sitter ai vostri figli. Il che vuol dire che se mi tenete a scuola 20 o 30 ore a far lezione, i vostri figli non avranno una insegnante migliore, solo una insegnante più stanca che, per rimanere lì, si limiterà a guardarli senza insegnare loro nulla. Volete qualcuno che insegni ai vostri figli o solo qualcuno che ve li tenga lì a pascolare? Se la risposta è qualcuno che insegni, piantatela di rompere le scatole con l’idea di aumentarci le ore di lezione in classe.

4. Il numero di alunni per classe: vuoi una scuola di qualità. Bene, sappi che per dare ad ogni alunno la giusta attenzione c’è bisogno che le classi abbiano dimensioni “umane”. Lavorare in una classe di 30/35 ragazzi, di cui magari due o tre hanno anche seri problemi fisici o psicologici, non garantisce a nessuno niente, neppure quel briciolo di serenità che è necessaria a capire cosa si stia facendo, Quindi la prima cosa da fare è ridurre il numero di alunni per classe. 20, al massimo. Sì, certo, costa perché bisogna fare classi in più. Ma se vuoi una scuola di qualità, renditi conto che devi anche spendere. Non si può del resto pretendere di comprare una Ferrari pagandola quanto una 500 scassata.

5. Sì, la scuola costa. Fattene una ragione. Se vuoi che funzioni bene, devi mettere in conto che servono investimenti. Se vuoi solo tagliare, sappi che si può fare fino ad un certo punto, perché superato il limite ( e ormai ci siamo) il sistema si impalla. Se ti scocciano i costi dell’Istruzione, però, valuta anche quali sono i costi dell’ignoranza. I paesi poco sviluppati spendono molto poco in scuola ed istruzione. E sono appunto poco sviluppati. Domandati perché.

6. Ogni alunno bocciato o che si perde per strada non è solo un fallimento dal punto di vista umano, ma è anche un costo economico. Per ridurre il numero dei bocciati bisogna dare loro piani e progetti di sostegno durante l’anno. Ma questi vanno finanziati. Sennò o si boccia un gran numero di alunni, che dopo restano lì frustrati a ciondolare senza imparare nulla, e quindi costano, o si dà un diploma e si promuove anche chi non ha imparato nulla, con la conseguenza che il diploma diventa carta straccia.

7. La scuola non è un ente assistenziale, né per gli alunni né per i docenti. I problemi dei ragazzi non possono sempre essere demandati alla buona volontà dei docenti, che devono improvvisarsi terapeuti e assistenti sociali, animatori di comunità in quartieri disagiati e non so che altro, perché il resto dello Stato non fa nulla e quindi loro sono costretti a supplire a famiglie ormai sgangherate, crisi socioeconomiche, disagi esistenziali di figli e genitori. Volete una scuola di qualità? Bene, lasciare fare ai docenti i docenti, che è quello che sanno fare, e per tutto il resto mettete finalmente in piedi sistemi che aiutano i territori e le famiglie a risolvere i loro problemi. E anche per i docenti e per il personale non docente, la scuola non è un ente assistenziale che offre uno stipendio (basso) a tutti. E’ una scuola, per cui va ad insegnare chi è realmente interessato a questo lavoro. Per tutti gli altri, quelli che lo considerano un part time sine cura, per piacere trovate qualche soluzione alternativa, che fanno solo danni.

8. Renditi conto, quando parli con me, che stai parlando con un professionista del suo settore. Quindi, se ti dico qualcosa, valutalo come valuteresti il parere di un avvocato sul sistema giuridico o quello di un medico sulle cure ospedaliere. Piantala di crederti competente a parlare di scuola solo perché vent’anni o trent’anni fa sei stato alunno. In trent’anni la scuola è cambiata, e poi non è detto che a quattordici anni tu potessi capire proprio tutto quello che stava attorno a te. Piantala di trattarmi con sufficienza o con disprezzo quando ti avverto che alcune tue brillanti idee sono idiozie inapplicabili. Se mi tratti con rispetto sono disposta a discutere con te, se non lo fai ti prendo a parolacce come meriti.

9. Le buone pratiche. Ci sono. Sono tante. E funzionano. Ci sono scuole in Italia che hanno risultati pari e addirittura superiori alle scuole di Francia e Germania. Che funzionano bene. Invece di pensare ogni anno ad una riforma diversa, sarebbe il caso di studiare quanto di buono già facciamo ed estenderlo a tutto il territorio nazionale. Fra l’altro, costa anche meno che pagare decine di tecnici per partorire cose in gran parte inapplicabili e parecchio astruse. E per buone pratiche intendo cose molto semplici, tipo corsi di sostegno durante l’anno, attività supplementari al pomeriggio. Costano, ma spesso meno di quanto di creda, e certamente meno che certi finanziamenti insulsi dati a progetti megagalattici che poi hanno risultati ridicoli.

10. La scuola non è un’azienda. Per cui parti dal sano presupposto che non tutto quello che vale per le aziende può valere anche per le scuole. Non produciamo bulloni, insegniamo a degli esseri umani. Se vuoi una scuola che funziona come un’azienda rischi anche che tuo figlio sia poi trattato come un bullone, e scartato se dimostra un minimo difetto. Chiediti: sei proprio sicuro di volere una scuola così?

66 Comments

  1. Galatea, sono quasi sempre d’accordo con te e spesso condivido con gli amici ciò che scrivi. Lo farò anche con questo post, soprattutto perché mi piaci di più quando sei arrabbiata. Sui punti che hai elencato, mi permetto di fare un paio di riflessioni.

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  2. Buongiorno Galatea, spero proprio che Renzi, dopo che sa che tu scrivi anche libri, legga questa tua puntuale riflessione.
    Lavoro in Sanità da 23 anni e la sto vedendo lentamente morire, con grande dolore e rabbia. Difendo a spada tratta tutti i lavori che svolgiamo a favore delle persone: dalla nascita alla morte.
    Affermo che questi lavori non debbano mai essere dati “in concessione” a nessun privato, figuriamoci la sanità e l’istruzione dei giovanissimi e giovani cittadini.
    Sono due ambiti in cui ci “giochiamo la vita”, quindi, per me, ugualmente fondamentali.
    Ci sono “nodi” interni ai due ambiti, che i politici vogliono affrontare con l’azione della manipolazione, dell’alterazione e della mistificazione della realtà: vogliono farci credere che “privato è efficienza”, neanche “sia”, perché non hanno dubbi e il mio amato Popper mi ha insegnato che la vera conoscenza parte proprio dal dubbio.
    Sono dei somari, arroganti e sopratutto tracotanti, difetto insopportabile tra gli umani.
    Non voglio entrare nel merito dei nodi ma, nel merito del “metodo” su quello apriremo un altro confronto.
    Adesso sono stanca perché sono reduce da una brutta esperienza e l’ospedale pubblico mi ha ridato la vita. 😉
    Grazie Galatea per la tua intelligenza raffinata.

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  3. Galatea, sono quasi sempre d’accordo con te e spesso condivido con gli amici ciò che scrivi. Lo farò anche con questo post, soprattutto perché mi piaci di più quando sei arrabbiata. Sui punti che hai elencato, mi permetto di fare un paio di riflessioni.
    La prima, sulla valutazione degli insegnanti. Io credo che spesso si confonda la professione dell’insegnante con quella dell’erudito. Non credo i ragazzi abbiano bisogno di Protagora,ma di Socrate. Non si dovrebbe valutare un professionista dell’insegnamento per ciò che sa, ma per la sua capacità di trasmettere ciò che s e le strategie per apprender, mantenere, elaborare, ricordare. E bisognerebbe avere la certezza che chi non lo sa fare se ne deve andare. Mentre chi lo sa fare deve essere premiato (economicamente, certo, ma non solo).
    La seconda sugli studenti bocciati. Proprio perché, come dici, la scuola non è un centro assistenziale, sarebbe opportuno a mio avviso togliersi dalla testa che tutti devono raggiungere lo stesso obiettivo, la laurea. Non è questo il modo di valorizzare persone che sono, fortunatamente, diverse. Se uno non ce la fa,può darsi che sia poco stimolato, può darsi sia troppo intelligente, può darsi abbia un “cattivo maestro” (vedi sopra), ma può pure darsi che non sia nel posto giusto. Conosco molti ragazzi che hanno trovato la loro strada (ed è una strada di gioia) in un istituto professionale dove accanto ai contenuti (certo, meno approfonditi rispetto ad altri indirizzi scolastici) hanno dato loro una pratica valorizzando così le loro peculiarità.
    Grazie dello spazio e buone giornate.
    Alberto

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  4. D’accordissimo sui tuoi punti, anche sei il 2 è quello più delicato, complesso e per questo molto discusso (come sempre a colpi di slogan o con la mentalità da curva Nord): tu dici: “sono stata valutata già al momento dell’immissione in ruolo, perché mi sono vinta un concorso ordinario. Ma sono favorevole anche a venire valutata ogni tanto, sia sui contenuti che sulla didattica, perché trovo giusto che ogni tot anni qualcuno verifichi se mi ricordo ancora quello che dovrei insegnare.

    Anch’io vinsi il concorso ordinario del 2000, ma sinceramente davanti ai ragazzi le mie presunte conoscenze valevano un fico secco, perché sai meglio di me che conoscere i contenuti non significa affatto saperli insegnare e comunicare in maniera efficace.
    Al concorso valutano la nostra conoscenza (a dir la verità in modo piuttosto nozionistico) delle materie che andremo a insegnare, ma sono stato il primo a mettermi in discussione al momento poi di salire in cattedra.
    Ho fatto tre anni di supplenze e poi ho capito che non faceva per me. L’insegnamento mi piaceva pure, i ragazzi mi volevano bene, ma ho capito che il mestiere di insegnante non è fatto solo di ciò per cui ti valutano al concorso.

    Non sono d’accordo che “ogni tot di anni qualcuno verifichi se ricordo ancora quello che dovrei insegnare”. Magari lo ricordo benissimo, ma non è questo. Magari lo insegno con i metodi del 1700, magari perdo la testa ad ogni contrarietà, magari non so tenere la classe o mi rifiuto di aggiornarmi.

    Questo solo per dire una cosa che sicuramente tu sai benissimo, ma che in questo post non emerge: che l’insegnante è molto di più di un contenitore di nozioni da travasare e quindi basta che se le ricordi per renderlo abile e arruolato.

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  5. questo è il blog di una brava scrittrice ma che è anche un insegnante e, legittimamente, ogni categoria, porta avanti le proprie istanze con veemenza, sottolinenando gli argomenti a favore e glissando su quelli a sfavore

    anche se Galatea è molto gentile ad accogliere i pareri altrui, credo che
    chi non è d’accordo con quanto esposto non penso abbia voglia di scriverlo qui, e in fondo sarebbe anche ineducato

    meglio le belle pagine sui personaggi antichi

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  6. Praticamente mi hai letto nel pensiero. E hai espresso cose che io solitamente non riesco a esprimere in modo così organico perché le soffoco tra le parolacce.
    Grazie.

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  7. spesso io e te siamo in disaccordo, ma qui proprio concordo con ogni singola virgola di ciascun punto.

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  8. Diego56: francamente Diego, tu fa come vuoi, ma evita di dettare leggi per gli altri. Se non vuoi partecipare al dibattito non servono scuse. Per gli altri possono scrivere quello che vogliono. Poi, sinceramente, se pensi che questo post sia una difesa veemente della categoria, mi sa che non hai capito proprio una cippa. Con affetto.

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  9. D’accordo su tutto…. no, su QUASI tutto.
    Il numero degli alunni per classe.
    Alle elementari non dovrebbe superare i venti, certo, e magari nemmeno i diciotto.
    Ma alle medie, lo ammetto, le classi di sedici e diciotto col tempo mi diventano un po’ claustrofobiche, per il tipo di dinamiche interne che alle medie gli alunni attivano. Il mio numero ideale è 22-23, la forbice giusta secondo me è 19-25. Mai più di 25.
    Per le superiori non saprei perché da insegnante non ci ho mai messo piede.

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  10. Bell’articolo, tema corretto, rispondo punto per punto
    1. D’accordo in parte, chi fa la scuola privata è un costo in meno per lo stato, e quindi dovrebbe riprendere qui soldi che lo stato risparmia. Lo stato non mi ridarà mai i 100k spesi per aver fatto un’università di prestigio, e ci sta ma da lì a usare i miei soldi per strapagare i docenti pubblici ne passa.
    2. D’accordo completamente il problema che vedo è sul capire il chi valuta chi. Non c’è uno scenario giusto a priori quindi va pensato bene l’intero meccanismo di valutazione
    3 D’accordo in parte, per quanto tu personalmente possa lavorare tanto in media non si raggiungono mai le 40 ore settimanali di tutti gli altri, non nascondiamoci dietro un dito
    4. Ovvio e per farlo va stimolata anche la crescita delle private di cui al punto 1 non possiamo ignorare che questi due punti non siano strettamente legati visto che i soldi di partenza dello stato sono un numero fisso
    5. Aprire a finanziamenti ai privati è l’unica soluzione percorribile
    6. Serve una società diversa, che riconosca ed esalti le predisposizioni di ognuno, il bocciato in sè è un concetto che non dovrebbe esistere nel mondo occidentale
    7. Discorso complesso. La scuola intesa come luogo dovrebbe essere il posto dove il ragazzo passa più tempo possibile. e tra i suoi dipendenti deve avere docenti, allenatori, psicologi, infermieri ecc…così com’è concepita ora hai perfettamente ragione tu.
    8. è il motivo per cui ti rispondo punto per punto 😉 ho finito le superiori nel 2004.
    9. Ineccepibile
    10. Se parli di fine ultimo sono d’accordo con te, se parli di gestione scolastica, si la scuola è un’azienda o meglio si possono applicare gli stessi principi di economicità

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  11. Premetto dicendo che io sono uno studente appena diciottenne e non pretendo di saperne più di nessun altro.

    Vorrei esprimermi sulle scuole private. Prima di tutto c’è da fare una distinzione tra privato e paritario; la scuola paritaria rientra, almeno a livello legislativo, nella stessa categoria delle scuole pubbliche, l’unica differenza è che l’insegnamento è affidato a privati e non a dipendenti pubblici. Visto che in teoria la scuola paritaria non si differenzia dalla pubblica non vedo perché non debba godere di agevolazioni e sovvenzioni al pari della pubblica convenzionale; inoltre le scuole paritarie (e in minor parte le private) si prendono carico di una percentuale non indifferenti delle spese dell’educazione (un alunno di scuola superiore allo stato costa mediamente 10000€ l’anno).
    Parlando della qualità dell’educazione, io mi trovo in disaccordo, soprattutto sull’attendibilitá delle valutazioni PISA e OCSE. Tali valutazioni risultano spesso falsate dalla (mi dispiace dirlo) slealtà di alcuni docenti (parlo per esperienza personale di INVALSI fatti direttamente dal professore).
    Se poi posso permettermi un piccolo sfogo, la tanto osannata scuola pubblica ha rovinato mio fratello bocciandolo due volte, la seconda bocciatura decisa a due mesi dall’inizio dell’anno scolastico. Questo per dire (come detto anche nel post) che passare il concorso non determina l’effettiva qualità di un professore, il problema è che una volta ottenuto il posto in una pubblica non lo si lascia più.

    Vogliate perdonarmi se sono stato aggressivo o se ho mal interpretato il punto primo, ma la questione “scuola paritaria” mi sta particolarmente a cuore e mi sento in dovere di difenderla.

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  12. Grazie.Dopo aver letto questo post mi sento meno sola. Le cose che dici le condivido tutte e provo rabbia sorda e un terribile senso d’impotenza quando sento gli italiani blatterare di scuola così come blatterano di calcio: tutti esperti allenatori. La cosa più deprimente è che questo atteggiamento è specchio di quello dei politici, che quando mettono mano alla scuola, riescono a farne macerie. In perfetta malafede, credo

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  13. Sono d’accordo con ogni parola (anche se sono d’accordo anche con ogni parola detta da filosofo79). Ma c’è dell’altro, ed è la ragione per cui il mio sogno è aprire una mia scuola. C’è che la scuola, pubblica o privata che sia, al momento non è divertente, non è piacevole. La fatica e l’impegno sono necessari, importanti e formativi. Ma anche la gioia lo è e questo la scuola troppo spesso lo dimentica (i genitori per primi, che si creano ansie e aspettative sulla base di come i ragazzi vengono giudicati in base a quante cose hanno imparato, quanti compiti hanno fatto, quante nozioni sanno; che potrebbe anche andare, se a tutto ciò appunto, si accompagnasse il piacere di fare quello che si fa e la soddisfazione dell’impegno, non la noia e la frustrazione).
    Complimenti comunque per la chiarezza delle idee e dell’esposizione 🙂
    Un saluto
    Alexandra

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  14. discorso complesso e importante, io tenderei a non escludere la generalità delle persone dal dibattito (non lasciarlo solo agli specialisti cioè), tutti hanno diritto a discutere di scuola, di costituzione, di sanità, di televisione, economia o altro
    se io spendo per qualcosa ho diritto a dire la mia e tu specialista hai diritto a dire che sono un deficiente, altrimenti diventa una lotta tra lo stato e le diverse corporazioni e io ne rimarrei fuori
    il fabbisogno che uno stato destina all’istruzione non può essere valutato separatamente da quello che spende per la sanità, i trasporti, il patrimonio artistico, ecc. sono tutti settori peculiari che meritano investimenti pesanti
    una sola cosa a proposito della scuola privata: non vedo perché lo stato dovrebbe sostenere oneri per la svuola privata, ma non vedo perché non dovrebbero esistere detrazioni o deduzioni per le spese scolastiche, come per le spese mediche o l’acquisto della casa o la sua ristrutturazione
    ognuno di noi ha conosciuto insegnanti buoni e meno buoni e la scuola andrebbe “tarata” su tutti, è inutile far finta che gli insegnanti siano mediamente buoni o mediamente scansafatiche, ce ne sono tanti buoni, tanti scansafatiche, ma per la maggior parte è solo un lavoro nel quale rimangono “incastrati” ben oltre il tempo normalmente sopportabile (ma lo stesso vale anche per tanti operai e impiegati)
    ochei, la pianto qui

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  15. Nella vita ho insegnato per 10 anni e fatto altro per altri 10. Posso testimoniare che alcuni di questi punti sono completamente da rifare. Nei commenti precedenti ho già letto diverse criticità che condivido. Venga a farsi 40 ore settimanali o più in azienda con 4 settimane di ferie all’anno quando va bene, poi vedrà che il punto 3 eviterà di scriverlo o quantomeno sarà più obiettiva.

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  16. Condivido tutto e in particolare la delega alla scuola di competenze e insegnamenti che vengono esclusivamente dalla famiglia. Non ne posso più di leggere commenti su quello che non va nella società italiana attribuendo alla scuola certe mancanze !

    Esempio tipico: il mancato rispetto delle regole, quante volte leggete che a scuola bisogna insegnare il rispetto delle regole – ebbene, no, se tu a scuola insegni che guidando l’auto ti devi fermare davanti alle strisce pedonali, e poi i genitori del bambino NON si fermano davanti alle strisce pedonali, nel caso migliore il bambino/ragazzino NON si fermerà mai davanti alle strisce e imparerà che il fermarsi è una NOIOSA LEZIONE scolastica, nel caso peggiore hai creato UN DISADATTATO che si fermerà davanti alle strisce mentre le auto dietro di lui non lo faranno, e questo produrrà incidenti a catena.

    Aggiungo che la valutazione periodica se è da prevedere, è da prevedere per tutti e vanno previsti premi e sanzioni, anche solo simbolici. Io non credo che quelli che chiedono la valutazione degli insegnanti poi siano effettivamente “valutati” costantemente sul loro posto di lavoro.

    Una nota pessimistica: purtroppo vedo che la “Grande Recessione” come la chiamano, sta accelerando l’incanaglimento collettivo e il convincimento che si può pretendere tutto senza pagare le tasse.

    Stiamo procedendo in direzione americana, in cui i tagli all’istruzione e alla sanità obbligheranno progressivamente le persone a scegliere fra un pubblico che funziona troppo male e un privato decente ma economicamente insostenibile per la maggior parte delle persone.

    Quanti di noi conoscono il costo REALE di uno studente, il costo REALE di una prestazione sanitaria? Una semplice TAC manderebbe la maggior parte delle famiglie in rosso.

    In questo senso il calo di consensi del M5S a favore della Lega Nord mi dispiace particolarmente: i pentastellati hanno almeno messo avanti il principio che le ruberie dei politici sono un furto non tanto allo Stato, quanto al singolo cittadino e ai suoi servizi. I leghisti invece si accontentano di dare addosso al terrone di turno incolpandolo di tutti i mali d’Italia, senza vedere il polentone di turno che gli frega il pane di bocca.

    Scusa la lunghezza, si sarà capito che il tema mi appassiona – e mi addolora.

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  17. Difensore, questo è un “nodo”: è sempre un elenco di azioni ma mai una cifra di ore mensili in più che si aggiungano alle vostre 18 ore settimanali che sommano 72 ore mensili.
    In Sanità sono al lavoro, con tanto di badge (quindi non si scherza!) per 152 ore mensili circa. E lavoro in un Centro Salute Mentale per adulti, non una passeggiata. Sempre a contatto con la sofferenza psichica che ti assicuro, è molto più dolorosa di quella fisica. Ma non sono qui per fare il confronto ma, da una base chiaramente bisogna pur partire.
    È chiaro che anche il mio stipendio è superiore al vostro ma non certo per qualità di lavoro (siamo tutti laureati) ma per tempo di lavoro.
    Con rispetto, Ornella

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  18. Sono d’accordo con il senso generale dell’articolo, tranne che per una cosa: la valutazione degli insegnanti, o meglio, le decisioni previste dopo la valutazione. Io non penserei a incentivi per i buoni (incentivare uno che fa il suo dovere?), penserei piuttosto a sanzioni per chi non raggiunge gli obiettivi minimi.

    Altra cosa. Anche io insegno, anche se non 18 ore settimanali. Non credo che un insegnante, tenendo conto di tutto (preparazione delle lezioni, correzione dei compiti, riunioni…), arrivi a 40 ore settimanali; però posso assicurare che le ore in classe sono usuranti. Quando insegno 3-4 ore la sera sono stanca morta, se le ore sono 6, non vi dico (ero molto più fresca dopo aver fatto la cameriera per 8 ore).

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  19. Io penso che il disagio che proviamo come cittadini di fronte alla scuola abbia una radice profonda, innestata nel rapporto fra la stessa e la nazione; ho scritto volutamente nazione perchè è un concetto ben più ampio di quello di stato.

    La nazione è una comunità etica, non è soltanto una comunità economica o, peggio ancora, burocratica. Una comunità che sia tale ha assoluto bisogno di formare in termini morali e culturali i cittadini, partendo proprio da quando sono bambini. Quindi perchè una scuola statale è essenziale? Perchè è un fondamentale mezzo di cui dispone la nazione, nella sua collettiva eticità, per formare i propri cittadini. Perchè è pericolosa la scuola privata? Perchè per sua natura tende ad aumentare le differenze, tende ad esaltare, nel corpo sociale, valori divergenti. Il fatto stesso di preferire una scuola perchè non statale, è sintomo che la nazione, come comunità, è finita, sepolta sotto le sirene della cosiddetta libertà individuale. L’individualismo, il disprezzo per l’autorità, il disvalore demolitorio dei miti del ’68 prima e poi la cultura televisiva becera e dozzinale, tutti motivi per cui la scuola è rimasta un carrozzone di cui non è chiaro lo scopo, mancando la comunità etica, la nazione di cui dovrebbe essere essenziale e vitale strumento. Ritornare a Gentile, ritornare alla scuola vera, questo è a mio avviso l’unico, ormai impossibile, rimedio.

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  20. Caro Claudio, se hai davvero lavorato 10 anni a scuola e non ti sei accorto che è un lavoro usurante e che ti impegna totalmente, probabilmente è perché lo facevi male, quindi è stata una fortuna per tutti che ora tu faccia altro. Ciao.

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  21. @marcello: io sono favorevolissima ad aprire il dibattito a tutti. Ma quando poi si entra nello specifico e nella articolazione interna per dire cose sensate bisogna avere una notevole preparazione tecnica nel settore. Io posso da cittadina discutere di Giustizia ed approvare alcune linee guida, ma poi per entrare nello specifico, discutere di orario di lavoro dei magistrati o delle loro specifiche competenze ed organizzazione interna credo che sia più corretto sentire il loro parere, per esempio.

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  22. Per errore il commento era finito nel post precedente, lo metto qui editato, scusandomi per lo spam involontario.
    Trovo un po’ incoerenti tra loro i punti 2 e 10. Ma forse è solo perchè in ambedue parli, anche se per fini diversi, di azienda privata. Non sono, invece, sicuro dell’efficacia dell’argomento “il mio orario di lavoro è anche quello che uso nel pomeriggio per preparare, correggere, ecc.”, perché sembra non considerare come lavorano tutti coloro che svolgono professioni intellettuali oggi: chè se dovessero calcolare il tempo che io passo a inviare mail, correggere note, ecc. dal mio smartphone, in ufficio dovrei starci un’ora al giorno. Perchè i soli dipendenti pubblici per cui questo lavoro dovrebbe valere sono gli insegnanti? Boh. Magari potreste rivendicare un ufficio per ciascuno di voi dove svolgere queste attività. Farle a casa è ingiusto per voi come per tutti. questo argomento credo di avertelo già proposto, ma il commento finì tra altri cento e non ricevette risposta (o forse sbagliai post anche allora …)

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  23. Carissima, la sua potrebbe essere pura presunzione e della peggior specie direi. Non posso dirlo io se lo facevo male o no, la scuola non mette a disposizione tali strumenti. Ogni anno mediamente mi invitano nella scuola dove ho insegnato per tenere una conferenza ed incontrare gli studenti. Ogni anno ho 4 classi quarte tra liceo e istituto tecnico che vengono in gita per visitare il posto dove lavoro e vedere quello che faccio. Forse non sono stato così male non trova? In ogni caso nessuno nel mondo della scuola si può azzardare a dire se fai bene o male la tua attività, e se cil’ cambiasse allora si sarebbe un bel passo avanti. Non sto parlando di valutazione ogni qualche anno ma ogni quadrimestre, si valuta studenti ed insegnanti con parametri non contestabili al TAR. Se trova usurante il suo lavoro probabilmente ha sbagliato mestiere oppure e’ ora di fare altro. Non potrei mai fare un lavoro che mi logora ma solo uno che mi arricchisce ed entusiasma nonostante la fatica. Ho insegnato con entusiasmo ma nella vita le occasioni ed i treni passano una volta sola pertanto se ci sali non significa che quello che facevi prima lo facevi male o senza motivazioni ma l’uomo semplicemente si alimenta anche di nuove sfide. Fra l’altro ho lasciato un comodo posto di ruolo, avrei potuto arrotondare con delle ripetizioni o altre attività e restare nel sistema fino alla pensione (immune da crisi o cassa integrazione), un posto di ruolo ottenuto passando attraverso precariato, corsi, punteggi e valutazioni, anno di prova come lei sostiene. Se ormai trova usurante insegnare le consiglio di cambiare mestiere, magari poi scopre che e’ più brava a fare altro. Saluti.

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  24. @galatea:
    c’è del vero in quello che dici e immagino sia questione di misura
    però ricorda che se vuoi che i cittadini restino fuori dalla discussione dei dettagli perché impreparati (i cittadini, non i dettagli) rimarranno affari fra voi insegnanti/personale scuola e la controparte

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  25. Caro Claudio, vede, alle volte i commenti che uno scrive pensando di sbertucciare gli altri sono invece profondamente rivelatori della sua personalità. Nel suo si sente un gigantesco “IO! IO! IO!”. Lei era bravissimo come insegnante, le classi la adoravano, vengono a visitare il SUO posto di lavoro, a LEI non pesava insegnare ma ha trovato un posto migliore che le dà soddisfazioni, è un eroe perché ha rinunciato al posto fisso… Insomma, strano, ma il centro del suo mondo pare essere il suo ego. Non mi stupisce che non fosse adatto la fare l’insegnante: bisogna mettere al centro i ragazzi, in questo lavoro, e con il suo gigantesco sé doveva essere un bel problema. Cordiali saluti.

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  26. Questo può essere un contributo: http://researt.com/2015/01/22/il-paese-dei-balocchi/
    Mi permetto di segnalare un blog che parla di scuola, di arte, di politica e di varia umanità senza voler essere saccente, senza scopo di lucro e senza voler fare giornalismo.Forse non è da netiquette, ma siamo ipercritici anche verso la rete e le sue assurdità! Se qualcuno ha da dire qualcosa di serio nel rispetto di tutti è bene che si faccia conoscere! Il blog si chiama ReseArt.

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  27. dato che lei e molti commentatori lavorano nella scuola potete spiegarmi l’enorme differenza rilevata dai test PISA tra studenti del nord e del sud Italia? ve ne sarei molto grato.

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  28. @matteoZ: le motivazioni sono molte. Le principali sono livello socioeconomico diverso, maggiore dispersione scolastica, livello più basso di istruzione nelle famiglie d’origine, contesto sociale problematico, dispersione scolastica. Poi non tutto il meridione è uguale. La Puglia, per esempio, ha risultati affini a quelli del Nord Italia.

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  29. @Padrona di casa: E’ una risposta sorprendente, perché due ragioni su quattro sono “la dispersione scolastica”, ma il PISA non sono interviste ai passanti, sono test fatti a scuola: i dispersi non entrano nella media; quanto al livello più basso di istruzione, visto che la scolarizzazione obbligatoria almeno elementare è legge almeno dall’unità d’Italia, non sta rispondendo: sta solo spostando la domanda alla generazione precedente. Senza contare che il mito del “pezzo di carta” mi pare ben più radicato al Sud, o no? Quanto al contesto sociale problematico: parliamone. Spero che non voglia riferirsi ai soldi.

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  30. @myollir: per “dispersione scolastica” si intende un insieme di fenomeni un po’ più vasto che non il singolo problema dell’alunno che abbandona la frequenza, ma anche quelli che hanno una frequenza altalenante ed una presenza a scuola saltuaria, per cui fanno i test ma con risultati ovviamente disastrosi, abbassando le medie. Per basso livello di istruzione dei genitori si fa riferimento ai più recenti studi statistici, che dimostrano che famiglie con genitori con bassa scolarizzazione tendono ad avere figli che hanno a loro volta una scolarizzazione molto bassa ed un apprendimento inferiore. Questo perché, soprattutto in regioni con scarsi investimenti delle istituzioni, i genitori con laurea o diploma riescono a seguire da soli i figli a casa, o possono pagare loro ripetizioni private, gli altri no, e per giunta li motivano anche poco a proseguire gli studi, perché non considerano molto spesso l’istruzione un valore. Il risultato è che se ho una regione dove ho pochi laureati/diplomati fra i genitori, tendenzialmente avrò anche pochi laureati e diplomati fra i figli, e i figli di chi ha una scarsa scolarizzazione andranno peggio di quelli con genitori più istruiti. Poi no, il mito del pezzo di carta è ugualmente presente sia a nord che a sud. E per contesto sociale problematico non ci si riferisce solo ai soldi, ma ad un contesto più generale: se uno vive in un quartiere in mano alla camorra può anche essere ricco, ma il contesto e ugualmente poco favorevole ad un apprendimento sereno.

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  31. Abbiamo la scuola più invidiata da tutti, parlo dei giudizi di tanti docenti stranieri che giungono da noi, eppure stanno facendo di tutto per stroncarla. Condivido Galatea, ogni frammento del tuo scritto. Cito Giulio Angioni, antropologo/scrittore: La nostra scuola è l’unica scuola dove si impara ad imparare. Ed è tutto qui…

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  32. Sottoscrivo ogni singolo punto, sia il contenuto del post che le risposte a certi commenti, non avrei saputo scrivere di meglio.
    Con stima, Un collega.

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  33. Galatea, conti le volte che ha scritto “io” nel suo post. Lei mi ha attaccato dalla prima risposta senza conoscermi nonostante abbia mosso una critica su uno solo dei sui 10 punti. Le auguro una vita piena di soddisfazioni. Saluti.

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  34. Qualche nota a margine del tuo decalogo da un ex docente, ex preside,ex architetto pentito ma non rassegnato in tutti mestieri che ha fatto -dicono- anche bene.(in Italia per essere liberi bisogna per forza essere “ex” anche se c’è il rischio di non essere considerati affatto!
    1) Pienamente d’accordo senza se e senza ma.
    2)Vincere un concorso in Italia (ne ho vinti tanti) non significa essere valutati.Sono aleatori,casuali,inattendibili e altro ancora (quando non sono truccati!).Per la valutazione però occorre un presupposto che si sia stati preparati e si sia formati in modo ricorrente.In Italia ci sono bravi possessori di conoscenze e abili esperti della propria disciplina ma rarissimi esperti in pedagogia e didattica. Altrove si fa un percorso universitario ad hoc per insegnare qualsiasi cosa.Non è perché uno è architetto e poi ha fatto un’abilitazione e un concorso che saprà insegnare archutettura!
    3)Orario certo. Ore di lezione,ore di preparazione,ore per la valutazione etc.. definite, quantificate e certificate.Allora sì: stipendi di livello europeo.Il docente nei paesi seri sta a scuola non meno di 6-8 ore al giorno: ma ha il suo ufficio, la biblioteca, etc…
    4) 15-20 alunni il numero ideale.Ma qualche esperto internazionale sostiene che sotto i 25 la ridotta interazione nel gruppo crei problemi di apprendimento.Paesi citati come esempio di buona scuola nelle classifiche indipendenti (non quelle del mercato) hanno anche più di 25 alunni per classe ma sono preparati con strumenti e risorse umane adeguate a gestire grandi gruppi.
    5) Perfettamente d’accordo.Come minimo occorre il triplo degli investimenti.Solo per l’edilizia scolastica paesi come la Gran Bretagna spendono in un triennio 10 (dieci!) volte più dell’Italia!!! Ma bisogna buttare anche un’occhio agli sprechi perpetrati negli scorsi decenni: nelle scuole,nella formazione inutile,nella “progettite”.La mia esperienza di preside e di responsabile pro tempore di un ufficio studi presso una direzione scolastica regionale mi hanno fatto accapponare la pelle!
    6) Per raggiungere risultati di apprendimento soddisfacenti ed evitare le bocciature occorre eliminare la competizione insana, preparare i docenti a motivare gli studenti e a rendere la scuola appetibile.Il mestiere del docente è anche e soprattutto “teatro”. Se la platea studentesca durante il lavoro scolastico si dedica sotto il banco agli smartphones per i suoi intrighi privati adolescenziali c’è qualcosa che non va! Un mio alunno di qualche anno fa mi scrisse una lettera in cui mi ringraziava per “l’insegnamento del vivere”.L’ho incorniciata.
    7) Il docente non è solo un trasmettitore di dati ma anche un educatore.E la sua nobilitate professionale e umana non si manifesta con chi ha talento e motivazione ma con chi non ne ha affatto.
    8) Per essere un professionista non basta il titolo ma occorre dimostrarlo sul campo, come in tutte le professioni. Come? Con i risultati effettivi di chi apprende “malgré tout” anche a dispetto delle condizioni difficili in cui si opera.Il rispetto dei ruoli è fondamentale ma occorre saperselo guadagnare anche con la capacità e la preparazione adeguate.
    9) Ci sono le buone pratiche in Italia. Da anni. Peccato che producano pochi talenti eccezionali e che la media della preparazione e dei titoli conseguiti nella popolazione sia sensibilmente al disotto della media del nostro continente.La chiave è sempre negli strumenti,nelle risorse e nella preparazione del personale scolastico. Fin quando ai vertici amministrativo della scuola non ci saranno donne e uomini di scuola invece di burocrati e laureati in giurisprudenza non cambierà nulla.
    10)D’accordo sui tutta la linea.Ma per far sì che la scuola non sia considerata un’azienda occorre tutto ciò che si è detto nei punti precedenti. Ma sarebbe semplice e anche rapido cambiare.
    Giuseppe Campagnoli e ReseArt

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  35. Sottoscrivo tutto quello che hai scritto e mi permetto di fare un corollario “di parte” al tuo punto n.3. Io sono insegnante di scuola primaria e di ore ne faccio 22 in classe più 2 di programmazione. Tutto ciò che hai scritto è valido anche per le primarie, ma una cosa che mi fa molto arrabbiare è che a fronte di un monte ore settimanale maggiore, lo stipendio di un maestro è più basso. Non è più giustificabile dalla mancanza di un titolo universitario e la mole di lavoro e il livello di professionalità di un docente di livello primario non sono inferiori a un professore delle scuole secondarie.

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  36. Molte di quanto hai scritto lo condivido. Ma quello che a me personalmente non piace è il modo con cui le cose vengono affrontate. Come se per affermare il valore di qualcosa (la scuola) si debba sempre partire dall’individuazione di un nemico: che assume le forme più disparate. La scuola privata (o paritaria), i genitori che non capiscono, lo stato che taglia o è incapace, ecc.
    Come se la realtà non dimostrasse che spesso il bianco e il nero non esiste. Perchè la scuola privata e paritaria in Italia sono una ricchezza non una palla al piede: se non ci fossero non solo lo Stato oggi non sarebbe in grado di generare i posti conseguenti, ma si vedrebbe depauperato di tradizioni importantissime. Perchè non ci diciamo che se non fosse (fosse stata) la scuola privata in tantissimi territori non ci sarebbero alcune professionalità essenziali? Perchè non ci diciamo che nella scuola dell’infanzia la paritaria supplisce ancor oggi all’assenza dello stato?
    Perchè al primo punto si mette sta cavolo e continua demonizzazione delle private?

    Perchè non ci diciamo che spesso di fronte a docenti arroganti e presuntuosi i genitori non hanno armi. Sì ci sono i rompipalle – tra i genitori – o quelli altrettanto arroganti: ma la professionalità non è garantita dal concorso. Se capita a mio figlio la maestra oggettivamente poco capace (uso un linguaggio tenero) o il professore nullafacente o cambio scuola o non ho scampo. Questa è la realtà: e non solo perchè l’ho vissuta come alunno, e non solo perchè l’ho vissuta come insegnante, ma anche perchè la si vive anche come genitore.

    Quando si parla di scuola al centro non c’è l’insegnate, ma il progetto formativo, culturale, prospettico di uno stato per le giovani generazioni. Al centro ci sono gli alunni. Da lì si deve partire per costruire la miglior scuola possibile. Il corpo decente va calibrato al progetto e all’idea che si ha di istruzione:oggi però non è così. L’idea di istruzione (o chiamatela come volete) è funzionale alle caste: quelle economiche – la scuola costa troppo -, quelle sindacali (i diritti degli insegnati prima di tutto) ecc. E quindi il meccanismo ritorsivo di mondi perennemente incazzati non genera prospettive virtuose per i bambini, i ragazzi o i giovani.

    A me non piace la riforma Renzi perchè è povera di ambizione… la buona scuola è la sconfitta prima di partire: non dobbiamo costruire la scuola migliore, con gli insegnanti migliori, per gli studenti migliori: che sono i nostri figli!

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  37. d’accordissimo su tutto, d’accordo sul fatto che un insegnante non è il baby sitter dei nostri figli, però è vero anche che la scuola come struttura deve farsi carico dei nostri figli mentre noi genitori siamo al lavoro, e gli orari e le vacanze delle nostre scuole sono assolutamente inadeguati alla società di oggi. forse negli altri paesi europei fanno meno giorni di vacanze, ma non mi risulta che facciano 3 mesi di seguito come da noi. le vacanze anzi sono ben distribuite nell’arco dell’anno, cosa che consente ai ragazzi di riposare di tanto in tanto, e non arrivare stremati a maggio come succede da noi, e per i genitori è più semplice gestire una settimana di vacanza ogni tanto piuttosto che 3 mesi tutti insieme (vogliamo parlare del salasso dei centri estivi?). parliamo poi dell’orario giornaliero: alle elementari le scuole a tempo pieno finiscono alle 4, alle medie non esiste tempo pieno… il vostro come dice lei è un lavoro intellettuale e certamente non si esaurisce (o almeno così dovrebbe essere) nelle ore di lezione… noi però 8 ore al giorno in ufficio ci dobbiamo stare e le istituzioni di questo devono tenere conto quando pensano a come riformare la scuola. ovviamente non intendo dire che i professori dovrebbero lavorare più ore, dico che se ne dovrebbero assumere di più, fargli fare turni, riorganizzare le assunzioni in modo da offrire ai ragazzi non solo le attività obbligatorie ma tutta una serie di attività ludico-sportive importanti e formative anch’esse, che li tengano occupati in maniera costruttiva mentre i genitori sono al lavoro. e permettetemi anche di dire che scuole medie e superiori che si esauriscano nelle 5 ore mattutine e deleghino al lavoro svolto a casa gran parte del processo formativo sono a dir poco obsolete. ma certo tutto questo ha un costo, perchè appunto bisogna assumere più insegnanti e investire nelle strutture scolastiche. molto meglio delegare all’economia familiare (chi può paga baby sitter, palestra, corso di musica e lingue, chi non può lascia il lavoro – poi ci si stupisce se le donne italiane sono tutte casalinghe) e discriminare i ragazzi in base al reddito, molto meglio che passino i pomeriggi davanti alla TV e alla playstation, un popolo senza interessi e senza spirito critico è più facile da manipolare.

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  38. Galatea ti prego corri dalla De Filippi (se vuoi rivolgerti agli italiani credo sia il caso, turati il naso e vai !!!) ti pago il biglietto io. ABBIAMO GRANDE BISOGNO DI SENTIRE IL TUO PARERE PIU’ SPESSO COME UN MANTRA. GRANDE ARTICOLO

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  39. Partendo dal presupposto che sono d’accordo (per linee generali) con quanto scritto, vorrei far notare che il mondo lavorativo da qualche anno è notevolmente cambiato, si sono persi molti dei diritti e dei valori conquistati, nel lavoro privato la situazione è peggiore di quella di un docente, salari bassi, umiliazioni, carico lavorativo e responsabilità eccessivi, insicurezza costante (ricatto).
    Si il sistema va assolutamente e attentamente riformato, considerandolo il principio fondamentale nell’educazione e sviluppo del paese e dell’individuo. Ma sarebbe opportuno giudicare, anche guardando se non vivendo, il contesto sociale e lavorativo in cui il ruolo del docente è inserito.

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  40. Caro Claudio, chi entra nel mio blog con tono saccente ed offende per primo, non trova nessuna comprensione da parte mia. Se poi continua,come ha fatto lei, sia qui che su Fb a essere maleducato, viene trattato come merita. Tanti saluti.

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  41. Guardi Galatea, nel suo blog ci sono finito per caso e non si preoccupi non mi mancherà per niente. In ogni caso aveva in mano la scelta di rispondere in modo cortese e far notare in modo educato se il mio post l’aveva disturbato tanto. Su Facebook il mio commento non era rivolto a lei ma ad un collega che ho tra i miei contatti, e’ lei che si e’ infilata nel discorso per reiterare il suo disappunto, la sua arroganza e la sua presunzione. Detto questo e’ grazie ad un consiglio di qualcuno che la conosce meglio di me che ho chiuso la discussione senza andare oltre. Buon proseguimento.

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  42. Claudio, non si preoccupi, i suoi commenti hanno perfettamente fatto capire a tutti il suo carattere, e continuando a commentare con questo tono aggressivo e maleducato, qua e su Facebook, non ha fatto altro che peggiorare la già non felice figura fatta. Stia bene, arrivederci.

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  43. Che poi, tra l’altro, Claudio, lei è di una malafede unica nel riferire le cose: non mi sono “infilata in un discorso” su fb, quasi fossi una pazza invadente che sproloquia sulle bacheche altrui: il suo amico aveva condiviso il mio post e mi aveva taggata. Lei è intervenuto, invece. Tra l’altro dimostrando di non sapere nemmeno fare bene il calcolo delle ore che un insegnante fa. Così, per la precisione.

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  44. Troppi galli che cantano. Non si farà mai giorno! Oggi tutti sanno di tutto, o meglio,. credono di sapere di tutto. E’ bene sempre controllare il pulpito. Spesso non è poi così solido.Nei social il troppo stroppia e quando si dicono mille verità mi viene da pensare che non ci sia nessuna verità. La ricetta, terra terra, è quella di osservare chi ha risolto già i problemi in europa e nel mondo e come. Per una volta, mutatis mutandis, copiamo qualcosa di buono non sempre il peggio!

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  45. Galatea, non ho fatto nessun calcolo per Dio. Ho solo commentato un numero assurdo scritto da un altro. Lo so molto bene che le 40 apre sono comprensive delle 18 (da 50 o 60 minuti a seconda dell’istituto). Ma visto che nel contesto del discorso lei ha continuato ad insistere con questa sciocchezza del calcolo che a suo dire avrei fatto (mai) dandomi dell’ignorante in matematica augurandosi che non insegnassi tale materia. Ovviamente ha saltato a pie pari la domanda riguardanti il numero di compiti che un insegnante corregge (fatto salvo quelli che sono impegnati nella maturità) durante i 3 mesi di pausa estivi. Non le è mai venuto in mente di aver scritto un post saccente? Ovviamente no, e se qualcuno per caso le segnala questa possibilità sicuramente è un ignorante maleducato che di scuola sa nulla. Sicuramente è un caso che lei sia così accomodante nei commenti. Fra l’altro mi ha dato colpa di averla offesa, rileggo il post che ho scritto e non riesco a trovarla l’offesa. La mia malafede la trova solo lei, il mio amico l’ha taggata (dubito lo rifarebbe) ma io scrivevo rivolgendomi chiaramente a lui. Stia serena, non ho insegnato matematica.

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  46. Claudio, non si preoccupi, lo spettacolo che ha dato di sè in questi giorni e in questi commenti è più che sufficiente a delineare il suo ritratto alla perfezione. Prima di dire che gli altri sono saccenti o presuntuosi farebbe meglio a rileggersi. Gli altri che l’hanno letta qua, tanto, han già capito. Arrivederci.

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  47. Claudio non avrà sicuramente insegnato matematica. Ma nemmeno logica e lingua italiana! Quanti danni dall’introduzione della nuova scuola media nel lontano 1963!!!!! Anche le prove di lingua italiana di tanti laureati candidati ai concorsi ( pure da preside e ispettore) mi hanno lasciato spesso esterrefatto! Speriamo bene!

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  48. Giuseppe ho apprezzato molto la sua analisi sui 10 punti e la ringrazio anche per le sue osservazioni nei miei confronti. Dopo tanti anni all’estero forse ho perso qualche colpo con il mio italiano. Me ne farò una ragione.

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  49. Mi scuso con Claudio. Apprezzo il suo “touchè”. Lavoro spesso con l’Europa e capisco il problema! Anche mio figlio che studia per interprete si sta muovendo meno bene in italiano mentre si alterna tra francese, inglese tedesco e greco moderno!

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  50. Una precisazione. Non è affatto vero che nel resto del mondo non si facciano più di 18 ore di lezione settimanale. Magari. Io in Inghilterra ne faccio 22 settimanali.
    Per 3 giorni a settimana si passa la ricreazione a fare sorveglianza, fissi in un punto a controllare gli alunni. E un giorno a settimana si fa anche sorveglianza per 15 minuti dopo scuola.
    In più qui non esiste l’entrare a seconda ora o uscire prima se non si ha lezione all’ultima ora. Si sta a scuola dalle 8.30 fino alle 3.30. Anche noi abbiamo riunioni e corsi al di fuori dell’orario scolastico. E, altra cosa che in Italia non ho visto fare spesso nella scuola secondaria, si devono correggere tutti i quaderni di tutti gli alunni ogni due settimane. Con commenti mirati e precisione, non solo un veloce “visto”.
    Per consolarla, aggiungo che anche qui si ha la percezione che gli insegnanti lavorino poco e che siano pagati per riposarsi e vessare poveri alunni innocenti.

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  51. Cara Galatea, ti parlo da ex studente serale di 68 anni.
    Condivido ed apprezzo la tua analisi, ma aggiungerei che l’insegnamento non è da tutti e l’insegnante è una “vocazione” appunto perchè i ragazzi non sono dei “bulloni”.
    Questo non lo dico perchè gli insegnanti devono essere pagati poco, anzi !!!. Ma perchè trattare con i bambini non è da tutti.

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  52. Parole sante!
    Tra l’altro, da noi, (Canton Ticino), l’orario pieno varia tra le 24 e le 28 ore settimanali…ma puoi chiedere a chiunque operi al di fuori della scuola, i docenti sono “sempre in vacanza e strapagati”

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  53. Gentile @Ilmondodigalatea, ho apprezzato molto il tuo elenco e soprattutto il piglio con cui lo hai scritto!
    Vorrei solo fare una considerazione sul punto 8: non è detto che un insegnante sia un professionista del suo settore. Nessuno ci ha mai insegnato a spiegare, a valutare, a gestire i singoli studenti -specie se problematici- e la classe nel suo insieme. Molti di noi hanno studiato autonomamente, certo, ma tutte queste cose non rientrano nella nostra formazione e paradossalmente un insegnante può non sapere nulla di didattica e di valutazione. E in questo caso che professionista è?

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  54. @Milly: gli insegnanti elementari ne fanno 22 anche qua. I turni di sorveglianza durante gli intervalli li facciamo anche noi, e alle elementari e medie ci si deve comunque fermare se qualche alunno non ha il genitore che lo viene a prendere. C’è da dire che, a quanto mi consta dalle tabelle internazionali, negli altri Stati le ore sono normalmente di 50/45 minuti, mentre da noi, salvo rarissime eccezioni, sono di 55/60 minuti.

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  55. Sacrosanto! Condivido tutto ciò che hai detto nel decalogo, dal primo all’ultimo punto. Soprattutto condivido il linguaggio, chiaro, facile, comunicativo, di impatto immediato. Se si parlasse così anche in certe conferenze e in certi convegni, forse non sarebbe male. E’ doveroso da parte di noi docenti dire le cose come stanno senza infingimenti e senza paure.

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  56. Giuseppe, nessun problema. Quando non ci si conosce è purtroppo facile arrivare a conclusioni frettolose. Capisco bene tuo figlio, qui al CERN parlo principalmente inglese e francese ogni giorno, sporadicamente lo spagnolo ma purtroppo nessuna di queste a livelli ottimale, nello stress e nella fretta di svolgere il proprio lavoro per bene si cerca di arrivare ad una comunicazione efficace e meno formale, il tutto al prezzo di perdere un po’ alla volta l’italiano. Saluti.

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