L’utilità del colpo di fulmine

E’ il grande classico dell’amore. Quello che, dicono, se non lo hai mai provato ti sei perso tutto il divertimento. Chilometri di inchiostro e vagonate di romanzi rosa che si basano su di lui: il colpo di fulmine. L’apoteosi del sentimento, perché non si spiega e non si programma: capita. La base di tutte le favole che si rispettino, perché Cenerentola Biancaneve e la Bella addormentata si basano su di lui; e lasciamo stare che ad una più attenta analisi i principi delle fiabe son dei tipini che farebbero la goduria degli psichiatri, perché uno, a voler essere buoni, è un feticista delle scarpe e gli altri due baciano ragazze in coma e quindi si portano dietro un vago sospetto di necrofilia.

Ci crescono, noi ragazze, con il mito del colpo di fulmine. Quella cosa che tu lo guardi, lui guarda te e paffete, già progettate come sistemare la cucina in casa ed i nomi dei figli. Quella cosa delle anime gemelle e degli spiriti che si riconoscono in ogni momento, anche il meno opportuno, perché i colpi di fulmine sono peggio degli incidenti stradali: tu sei lì, che fai la tua vita, spalmi il pane sul burro, per dire, e ti arriva fra capo e collo un Werther che si innamora alla follia.

E piace, uh se ci piace. Perché siamo romantiche, ci dicono. Ma secondo me ci contiamo balle. E’ che il colpo di fulmine è, come espediente narrativo, facile. Non richiede spiegazioni, e neppure la creazione di una psicologia del personaggio: va da sè. I lettori più esigenti che sindacano spietati su ogni svolta della trama, sul colpo di fulmine non hanno niente da obiettare: capita e tu, scrittore, lo puoi far capitare a chi vuoi, come nella vita.

E anche nella vita è uguale: il colpo di fulmine è la scusa perfetta. Giustifica qualsiasi stupidaggine istintiva che facciamo. Un alibi comodo e meraviglioso: sei innamorata/o, che ci puoi fa’? Salti un sacco di passaggi, con il colpo di fulmine: non serve che stai lì a conoscerlo, a parlarci, l’uomo della vita, per verificare che lo sia, perché è bastato lo sguardo e il sorriso, e ciao, hai già capito tutto. E nessuno ti critica, perché il colpo di fulmine è insidancabile e socialmente accettato: nessuno può contestare che esista, e che talvolta funzioni pure, quindi stai in una botte di ferro, è come appellarsi al Quarto Emendamento, con la differenza che puoi farlo pure se non sei Americana.

No, non ci piace il colpo di fulmine perché siamo romantiche. Ci piace perché siamo pratiche e il colpo di fulmine è praticissimo. Come il poket di ombretti da tenere in borsetta quando dobbiamo rifarci il trucco, ecco.

14 Comments

  1. Non sono mai stata una fan del colpo di fulmine… Come dici tu, è pratico e comodo, evita spiegazioni. Evita di farsi domande. Ma alle domande, io, non rinuncio mai. 🙂

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  2. Grande invenzione, il colpo di fulmine. Tutti a far monumenti allo scopritore dell’America, all’inventore della lampadina… ma all’inventore del colpo di fulmine mai nulla, nemmeno una lapide nella piazza del comune di un paesello di provincia.
    Quando invece gli andrebbero innalzate statue d’oro in tutte le capitali del mondo.

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  3. grazie dell’apprezzamento vecchio lector, volevo scrivere due righe sulla questione del crocifisso ma non trovo più la tua ironica proposizione, si vede che sto invecchiando

    comunque: ho anch’io il libro di Galatea, non so se posso qui, ma te lo faccio vedere, insieme ai miei libri, dove si trova benissimo

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  4. @Fedifrago, pure tu un genio della sintesi 😉 Il colpo di fulmine negli anni mi è diventato antipatico per buona parte delle ragioni suddette, l’amore con mio marito è nato in modalità diesel e penso di essermi data questa possibilità, non solo maturando io ma anche dopo aver letto Jane Austen. Ecco, Jane Austen la renderei lettura obbligatoria al liceo. Anche i suoi adattamenti come “Il diario di Bridget Jones” andrebbero bene ma l’originale, si sa, è sempre meglio.

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  5. Un colpo di fulmine che dura dal 1981, con i suoi alti e bassi e tante crisi dovute ai fatti della vita, non sempre generosa, ma finora regge.
    Cosa ci avrà visto in me, poi, me lo chiedo ancora.

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