La scuola di Bin Laden

Secondo Berlusconi, “Libertà vuol dire avere la possibilità di educare i propri figli liberamente, e liberamente vuol dire non essere costretti a mandarli in una scuola di Stato, dove ci sono degli insegnanti che vogliono inculcare principi che sono il contrario di quelli dei genitori.”

Immagino che Bin Laden sarà contentissimo di questa impostazione. Invece di continuare a nascondersi nelle caverne ai confini del Pakistan, sarà molto più comodo per lui venire in Italia ad aprire una catena di scuole coraniche oltranziste, perfettamente legali.

16 Comments

  1. Sempre più spesso quando sento la nostra classe dirigente e i nostri governanti parlare di scuola, mi tornano alla mente le parole – così attuali e così agghiaccianti – di Pietro Calamandrei in difesa della scuola pubblica. Le riporto, dovrebbero essere impresse sulle mura, sulle lavagne, sui portoni di tutte le nostre scuole (ed università). Dovrebbero essere ripetute, quasi liturgicamente, da ogni insegnante e docente che tenga ancora alla istruzione pubblica e laica.
    “Come si fa a istituire in un paese la scuola di partito? Si può fare in due modi. Uno è quello del totalitarismo aperto, confessato. Lo abbiamo esperimentato, ahimè. (…) Ma c’è un’altra forma per arrivare a trasformare la scuola di Stato in scuola di partito o di setta. Il totalitarismo subdolo, indiretto, torpido, come certe polmoniti torpide che vengono senza febbre, ma che sono pericolosissime… Facciamo l’ipotesi, così astrattamente, che ci sia un partito al potere, un partito dominante, il quale però formalmente vuole rispettare la Costituzione, non la vuole violare in sostanza. Non vuol fare la marcia su Roma e trasformare l’aula in alloggiamento per i manipoli; ma vuol istituire, senza parere, una larvata dittatura. Allora, che cosa fare per impadronirsi delle scuole e per trasformare le scuole di Stato in scuole di partito? Si accorge che le scuole di Stato hanno il difetto di essere imparziali. C’è una certa resistenza; in quelle scuole c’è sempre, perfino sotto il fascismo c’è stata. Allora, il partito dominante segue un’altra strada (è tutta un’ipotesi teorica, intendiamoci). Comincia a trascurare le scuole pubbliche, a screditarle, ad impoverirle. Lascia che si anemizzino e comincia a favorire le scuole private. Non tutte le scuole private. Le scuole del suo partito, di quel partito. Ed allora tutte le cure cominciano ad andare a queste scuole private. Cure di denaro e di privilegi. Si comincia persino a consigliare i ragazzi ad andare a queste scuole, perché in fondo sono migliori si dice di quelle di Stato. E magari si danno dei premi, come ora vi dirò, o si propone di dare dei premi a quei cittadini che saranno disposti a mandare i loro figlioli invece che alle scuole pubbliche alle scuole private. A “quelle” scuole private. Gli esami sono più facili, si studia meno e si riesce meglio. Così la scuola privata diventa una scuola privilegiata. Il partito dominante, non potendo trasformare apertamente le scuole di Stato in scuole di partito, manda in malora le scuole di Stato per dare la prevalenza alle sue scuole private. Attenzione, amici, in questo convegno questo è il punto che bisogna discutere. Attenzione, questa è la ricetta. Bisogna tener d’occhio i cuochi di questa bassa cucina. L’operazione si fa in tre modi: ve l’ho già detto: rovinare le scuole di Stato. Lasciare che vadano in malora. Impoverire i loro bilanci. Ignorare i loro bisogni. Attenuare la sorveglianza e il controllo sulle scuole private. Non controllarne la serietà. Lasciare che vi insegnino insegnanti che non hanno i titoli minimi per insegnare. Lasciare che gli esami siano burlette. Dare alle scuole private denaro pubblico. Questo è il punto. Dare alle scuole private denaro pubblico”
    Cosa altro deve fare quest’uomo, cosa altro deve dire perché gli italiani si sveglino e si riapproprino della loro dignità?

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  2. “Gli esami sono più facili, si studia meno e si riesce meglio”

    A parte questo passaggio, sottoscrivo Calamandrei. Contrariamente a quello che pensate, la scuola troppo “meritocratica” è un danno per i figli dei poveracci (come il sottoscritto): questo perché, per essere superata, richiede ampio utilizzo di risorse familiari. E nascere in una famiglia che ne dispone non è un merito. Compito della scuola non deve essere quello di selezionare, ma di dare a quelle persone che non ne dispongono per via ereditaria quegli strumenti per poter raggiungere una preparazione adeguata.

    La scuola severa, quella che boccia, è quella crociana: ed è fatta apposta per falsare la competizione pur lasciandola intonsa sulla carta. Indovinate un pò chi ne esce perdente ?

    Se già le dichiarazioni di alcuni ministri disegnavano una scuola tutta impegnata a formare mediocre personale per le micro-aziende italiane (dove volete arrivare con la formazione in fabbrica a 15 anni ?), queste disegnano una società ancora più classista (da un lato) e ancora più segretata (dall’altro). Dove, non solo il figlio del dottore, oltre ad avere quelle possibilità che sono negate al figlio dell’operaio, proprio non ha più nemmeno la possibilità di conoscerlo. Dove, se un padre la pensa in maniera differente da un altro, i rispettivi figli perderanno quel terreno di confronto neutro che era garantito dalla comune frequentazione della Scuola Pubblica. Qui è proprio il tessuto della società che, alla lunga, ne risulta sfilacciato.

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  3. Eh ma a questo punto perché non lasciarli del tutto a casa?
    Avrebbero l’opportunità di perfezionare quelle idee naturalmente espresse in famiglia. Una specie di stage domestico quotidiano. Così pian piano di possono finalmente tagliare tutti quei posti da insegnante che pesano quasi più del cento per cento sul bilancio del ministro che non sa più come fare. Pubblica istruzione? Che idea peregrina, ognuno maestro a casa sua.

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  4. Questa è la domanda con cui ho sempre cozzato in dibattiti, anche molto costruttivi, con molti libertari.
    Ogni genitore ha diritto a educare i suoi figli secondo i suoi valori; la scuola pubblica indottrina secondo il verbo statalista; però i musulmani non possono aprire delle madrasse per insegnare alla loro prole il Corano o la Jihad o quel cazzo che vogliono.

    Insomma va tutto bene fino a che si tratta di vandeisti cattolici o di frequentatori di Tea Parties sventolanti la bandiera confederata o la Gadsen Flag, ma quando arrivano gli Infedeli allora bisogna proteggere la civiltà occidentale e qualche autorità (non si capisce bene quale, se non è lo stato a decidere i programmi) deve decidere cosa è giusto insegnare e cosa no.

    Queste cose che mi fanno pensare che il vecchio stato, con tutte le sue mancanze (ben rappresentate nella nostra istruzione pubblica) sia comunque un argine verso l’autoritarismo della maggioranza (cosa che una democrazia costituzionale, checchè se ne pensi, non è). E considero sacrosanto che i figli dei cattolici bigotti come quelli dei musulmani o dei cinesi o dei marxisti ortodossi che gli hanno chiamati Ivan e Vladimir (ammesso che ce ne siano ancora…) si debbano confrontare con compagni di varia estrazione e professori magari mediocri o inaciditi ma non in combutta con i loro genitori, in un contesto magari disorganizzato e sgarruppato, ma comunque neutrale. Dare a tutti pari opportunità significa anche difendere, quando è il caso, i bambini dalle loro famiglie.

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  5. @G
    “Invece di continuare a nascondersi nelle caverne ai confini del Pakistan, sarà molto più comodo per lui venire in Italia ad aprire una catena di scuole coraniche oltranziste, perfettamente legali.”
    Perche` no?
    Se trova clienti..

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  6. sottoscrivo circa le incoerenze berlusconiane, anche se su questo argomento quanto a incoerenze pure i suoi detrattori non scherzano. E pure, come dice Cahorro, i libertari. E’ che quando si tratta di bambini, che non possno disporre della loro libertà, il problema si complica alquanto, anzi direi che diventa impossibile districarsi.

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  7. Il bello è che in questa occasione il riferimento non era neanche ai pericolosi infedeli… Questa volta i nemici sono tutti quei pazzi che vogliono che le nuove generazioni crescano alla luce dei valori di uguaglianza, indipendenza intellettuale e libertà di pensiero. Detto in altri termini, era un discorso all’insegna del più vero integralismo religioso.

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  8. fino a prova contrairia, Salvo, libertà e indipendenza di pensiero possono portare anche a idee non egalitarie, o religiose fondamentaliste, eccetera.

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  9. @emme: vero, dato che la competizione è tra ineguali (per punti di partenza, risorse attivabili, possesso di codici di riconoscibilità sociale), i richiami al merito e al rigore sono rischiosi dal punto di vista sociale. Tuttavia, non credo che non ci sia modo di coniugare il merito ed il superamento di una scuola (e università) di classe. L’ho visto all’università, in quelle terribili di Napoli, in esperimenti portati avanti da persone fortissime ancorché isolate: non uno scadimento degli standard, ma un portare chi non è bravo (o non è riconoscibile come tale perché non sa parlare, non si sa vestire, etc) ad esserlo, ad apparirlo, a sentirsi. Con un enorme lavoro da parte di chi insegna, come possono testimoniare altre che seguono il blog.

    E poi l’ho visto nell’università pubblica negli stati uniti: attenzione particolare a coloro che per primi nella loo famiglia arrivano all’università, supporto da chi ce l’ha fatta prima di loro, progetti speciali nelle scuole dello stato nei quartieri più poveri, per incuriosire e selezionare e sostenere i ragazzi promettenti. Per farli diventare promettenti.

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  10. io distinguerei: scuola dell’obbligo, per quanto ben fatta, non può essere selettiva, perchè è il bagaglio di ogni cittadino, qualunque mestiere faccia; invece la scuola superiore, e ancor più l’università debbono essere selettivi, perchè, anche se purtroppo chi ha pochi soldi è comunque svantaggiato, è solo da una scuola selettiva e impegantiva che una persona di ceto poco abbiente può avere delle possibilità, diciamo una mobilità sociale; la paideia di platone è il modello, cioè un’aristocrazia non del denaro, non del sangue, ma un’aristocrazia del sapere; solo così avremo una classe dirigente decorosa e non l’orrore dei nostri tempi

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  11. Caro diegob, direi che dipende da cosa intendi per “selettiva”. Chiaro che tutti dovrebbero finirla: però portare avanti delle classi della scuola dell’obbligo in cui a tutti è garantita la promozione è incompatibile con la creazione di un ambiente funzionale all’apprendimento. Ho fatto il professore di scuola media di tre anni e ti garantisco che qualche bocciatura di tanto in tanto sarebbe utile a tutti: agli alunni bocciati, agli alunni non bocciati e ai professori. E una volta arrivati alla scuola non più dell’obbligo, le abitudini lavorative sono ben difficili da cambiare…

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  12. gentile luigi, la bocciatura non in sè non è selettiva; secondo me sbagliano molto anche gli insegnanti quando la definiscono: se un ragazzo deve ripetere l’anno, significa semplicemente che il lavoro compiuto necessita di tempo ulteriore; in fondo se un idraulico viene, ti cambia il rubinetto, e poi dopo invece perde ancora, è giusto che ritorna per finire bene il lavoro; insomma la scuola dell’obbligo deve dare a tutti quel livello di cultura, ovviamente per qualche ragazzo ci vuole del tempoin più, come in ospedale, se c’è complicazioni di dimettono più tardi

    quindi, se tu leggi bene ciò che ho scritto, non ho scritto promozione per tutti, ma cultura certa e garantita per tutti, ovviamente se non bastano 8 anni si fornisce il servizio per 9 o dieci

    vechcia idea che il “per tutti” vuol dire facile, no, vuol dire solo per tutti, solo che per un professiore promuovere chi non sa nulla è comodo, lavora meno

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  13. chiedo venia per l’ortografia, pessima, ma ormai al massimo mi bocciano all’università dell’ospizio

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