La maggioranza degli uomini è cretina (anche con internet)

Avendo a che fare ogni anno con svariate classi di ragazzini, lo sai. Magari non lo vuoi ammettere, perché sei un docente progressista, e di sinistra, e hai impostato la tua vita sul tuo disperato bisogno di credere che l’uomo, o almeno quella sua variante giovanile che è il bambino/ragazzino, sia fondamentalmente buono e intelligente. Però, nell’angolo più remoto della tua anima, lo sai: di quei ventisei o trenta ragazzini che ti ritrovi in classe ogni giorno quelli intelligenti sono tre, quattro al massimo. In loro cogli i segni inequivocabili di quel quid che gli permetterà di andare avanti nella vita: magari non avere successo o denaro, ma capire il mondo che li circonda e persino cambiarlo.

Gli altri non lo vuoi ammettere, ma li riconosci già come carne da macello. Possono essere buoni, dolci, adorabili sotto mille altri aspetti, ma non hanno logica, non capiscono nulla, sono vuoti, superficiali, incapaci di porsi domande (che è molto peggio di non saper trovare risposte).

Non è una questione di soldi, o di provenienza sociale: figli di operai o di dottori, ci sono quelli che capiscono e quelli che no, quelli che, anche se magari finiranno a fare solo il meccanico in una sperduta officina di campagna, saranno geniali nel loro mestiere, in grado di intuire soluzioni alternative ed inaspettate; e quelli che invece, pur se la famiglia li manderà a studiare nei migliori campus ed atenei e comprerà loro lauree a furia di mazzette e pressioni sociali, resteranno dei cretini con titolo di studio, buoni solo, nella migliore delle ipotesi, ad entusiasmarsi per un dibattito fra tronisti a Uomini e Donne.

Spesso la società confonde l’intelligenza con la cultura, e pensa che se si mette una serie di individui nelle migliori condizioni per imparare, questi imparino. Pensa che l’intelligenza sia più democratica della bellezza, perché la bellezza o ce l’hai o ciccia, e invece l’intelligenza, in qualche modo, si possa acquisire con tempo e con lo sforzo. Non è così, purtroppo. La cultura e l’istruzione sono per l’intelligenza quello che un buon parrucchiere ed un abile truccatore sono per la bellezza: fanno risaltare quello che c’è già. Prendi una ragazza già bella, mettila nelle mani di un esperto che le insegni a muoversi, pettinarsi, vestirsi e ne verrà fuori uno splendore; prendine una bruttarella, e, nelle mani di un visagista, risulterà nel migliore dei casi appena appena più caruccia. Con l’intelligenza è la stessa cosa: se un ragazzo intelligente ma magari grezzo perché il suo ambiente sociale e familiare è povero di stimoli viene messo a contatto con bravi docenti, che lo sappiano capire e valorizzare, ne verrà fuori un genio; alle volte persino messo a contatto con dei docenti cretini, spiccherà comunque; ma il mediocre, per quanto messo a contatto con i migliori, risulterà sempre mediocre, perché uno può essere il più gran cuoco del mondo, ma non si può fare un buon impasto dei tortellini se in dispensa hai solo del pangrattato.

Il bravo insegnante queste cose le sa. Non le dice, a volte, non tanto per paura, ma perché sa che è inutile. Ciò che può fare è cercare di dare a tutti i suoi alunni, bravi o mediocri che siano, un insieme di nozioni che potrà essere loro utile in futuro, ed assicurarsi che più o meno le imparino. Come le useranno e se le sapranno applicare dipenderà da quella famosa intelligenza che alcuni hanno ed altri no, o dai limiti del loro carattere, perché ciò che costruiranno nella vita dipenderà da loro, e l’insegnante non avrà alcun particolare merito nei loro successi, così come non potrà essere additato come unica causa dei loro fallimenti. Una parte dei tuoi alunni, quelli intelligenti, diverranno la futura élite, cioè magari non i più ricchi o i più potenti, ma faranno parte della cerchia di coloro che sono sempre un po’ avanti rispetto al resto del mondo, perché hanno una marcia in più. E gli altri no, resteranno retrofila a vita. È crudele? È poco politicamente corretto dirlo? Sì, ma è così.

Quello che accade nella scuola accade anche nella rete. È giusto che si chieda da parte di tutti docenti che insegnino ad usarla, che introducano i ragazzini ed anche quelli già adulti ai segreti dell’internet, per dare a chiunque lo voglia quelle conoscenze tecniche che gli consentiranno di accedere più facilmente alle informazioni, approfondire i suoi interessi. Io sono la prima a battermi perché a tutti siano accessibili gli strumenti. Ma quando poi sento alcuni che pensano basti una alfabetizzazione informatica di massa per avere poi un popolo automaticamente più partecipe ed eticamente superiore, anche se non lo dico, resto scettica. Insegnare a tutti le tecniche è doveroso, ma non aspettiamoci che un domani, improvvisamente, tutti diventeranno attivisti alla Assange, che la grande massa si lancerà sulla rete per fare dotti dibattiti sulla democrazia, la letteratura, l’arte.

La grande massa, pur se più tecnicamente sveglia, userà internet per cercare notizie sui protagonisti del Grande Fratello, o sui loro epigoni, cazzeggiare postando filmati in cui gatti e cani tombolano giù dalle sedie, flirtare in modo becero con la vicina di pagina facebook: i mediocri restano tali anche se sanno usare bene un pc. L’élite che userà la rete in maniera consapevole, matura ed innovativa sarà sempre una cerchia ristretta, anche se magari, per ragioni statistiche, più ampia di quella odierna.

Perché anche su internet vale la vecchia regola di Biante: la maggioranza degli uomini è cretina.

 

35 Comments

  1. Ok, hai ragione da vendere. Però bisogna dire pure che la maggior parte degli insegnanti che ho conosciuto non sarebbe stata in grado di vedere un pizzico di intelligenza in un ragazzo neanche se gli avessero mostrato la fattura d’acquisto del cervello.

    Ricordo la mia classe di liceo, un normalissimo liceo classico di Roma, di periferia, non uno di quelli cosiddetti storici che si ricordano perché ci hanno studiato i futuri pezzi grossi. Ricordo gente trattata come carne da macello, non valorizzata, abbandonata e non seguita. Quella stessa gente oggi ha cattedre universitarie, lavora senza raccomandazione nella tv di stato, ha fatto i soldi veri nel mondo della finanza a Londra, è richiestissima nella consulenza aziendale.

    Ricordo poi “quelli bravi”, quelli che dovevano spaccare il mondo. Persi, impantanati per dieci anni all’università, saltabeccanti da una facoltà all’altra, oggi trentenni nel guado.

    Io, per amor di completezza, devo dire di esser stato l’eccezione: ero tra “quelli bravi”, e oggi faccio un mestiere considerato di prestigio, e frequento ancora quelli che allora erano considerati – dagli insegnanti – dei mediocri.

    Quante classi come la mia ci sono, ci sono state, ci saranno in tutta Italia?

    Insomma: tutto vero quello che dici, ma mi chiedo se tutti sono in grado di riconoscere le perle tra i cocci, e se soprattutto tutti gli insegnanti secondo te sono in grado, distinto il grano dal loglio, di essere – come provi a esser tu – completamente imparziali.

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  2. Imho se qualcosa cambia è la possibilità di interagire con persone altrettanto sveglie.
    Non tanto per chi vive in grandi città, che aveva comunque buone possibilità, ma per chi vive in provincia la rete è una vera benedizione.

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  3. Non è così. E Lorenzo Milani lo ha dimostrato. Solo che lui ci dedicava tutto il giorno 365 giorni all’anno.
    Nessuno pretende che tu faccia lo stesso.

    Al

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  4. Don Milani ha semplicemente dimostrato che alcuni ragazzini intelligenti venivano considerati stupidi perché i loro professori confondevano l’intelligenza con tutto quell’insieme di nozioni che invece i ragazzi ricchi assorbivano dal contesto familiare.

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  5. Anche le mamme, se sono oneste, sanno che i propri figli non sono tutti uguali, ma qualcuno ha una marcia in più, e magari un altro ne ha una in meno…

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  6. No Galatea, Don Milani ha dimostrato che tutti i ragazzini che studiavano “a scuola dal prete” venivano considerati stupidi nelle scuole pubbliche perché i loro professori confondevano l’intelligenza con tutto quell’insieme di nozioni che invece i ragazzi ricchi assorbivano dal contesto familiare.

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  7. Questo suo post contiene tutti i motivi che, negli anni, mi hanno spinto a disprezzare alcuni insegnanti . Soprattutto quelli che si credono di sinistra e che poi, impunemente, usano il termine “intelligenza” per classificare le persone.

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  8. Interessante prospettiva. Già letta, mi pare, ovunque si tratti di discriminazione. Senza voler offendere nessuno, la mia idea è che l’insegnamento debba essere una vocazione e non un mestiere e che il compito dell’insegnante non sia decidere chi è stupido e toglierlo dal cesto per evitare che contagi gli intelligenti, anche perché stabilire dei criteri oggettivi per deciderlo mi sembra abbastaza pretenzioso. Inoltre credo che la funzione principale di un insegnante o docente, come lo si voglia definire, sia quella dell’educatore non già di un profusore di nozioni per costruire tanti piccoli dizionari enciclopedici. Non credo che la maggioranza degli uomini sia cretina, credo che una minoranza di persone si senta tragicamente superiore agli altri, cosa che non deve essere, in una società civile, dove il rispetto per gli altri, tutti gli altri, dovrebbe essere pripritario!
    Se l’intervento avesse offeso qualcuno, me ne scuso, non era mia intenzione, se poi non ho capito il senso del post, mi scuso doppiamente. Buona giornata.

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  9. Nel saggio di Piero Angela “Da zero a tre anni” si sostiene la tesi che l’intelligenza e il carattere si formino nei primi tre anni di vita. Quindi quando arrivano da te i pargoli sono già spacciati. 😐

    Si dovrebbe investire molto di più sugli asili nido sulle scuole materne. Non è così, purtroppo.

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  10. ha ragione chi ha accennato al problema della democrazia: se il popolo è imbecille, deciderà cose imbecilli, dunque

    ma a me interessa un altro punto: ogni essere umano ha una suaintelligenza, cioè un suo modo, metodo, che ha elaborato per rispondere agli stimoli dell’ambiente in cui stà immerso, ambiente a sua volta popolato da altri esseri umani con i quali stringe alleanze oppure lotta più o meno duramente in competizione

    l’insegnante, cioè colui che è pagato per fornire un minimo di attrezzatura culturale ai giovini, come dovrebbe comportarsi di fronte alla constatazione delle differenze? io non vedo alcun problema: cerca di fornire loro questi attrezzi, e poi i ragazzi li useranno in base alle proprie inclinazioni;

    il problema è che gli insegnanti, almeno rispetto a quelli che conobbi io nella primissima giovinezza, oggi son dubbiosi loro stessi, sui valori da trasmettere; non abbiamo più insegnanti sinceramente convinti, perchè sono intellettuali formatisi alla cultura degli anni 70, una cultura potentissima a demolire, imbevuta anche della grandezza per esempio della scuola di francoforte, come anche di una lettura entusiastica di marcuse, una cultura che io amo tanto, ma per insegnare ai ragazzi bisogna credere davvero in qualcosa, magari la dottrina sociale della chiesa come anche il dogma marxiano, o almeno un liberalismo nitido

    ma gli insegnanti, tanti ne conosco, e tanti sono miei amici, sono spesso ottimi pensatori, ma troppo dubbiosi per insegnar davvero

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  11. @Al: Appunto, Al. Ma qui non si stava parlando dell’insieme di nozioni che viene scambiata per intelligenza a causa di un pregiudizio. Io constato semplicemente che, indipendentemente dalla posizione sociale e dalle scuole buone o buonissime che frequentano, gli alunni, come tutti gli esseri umani, hanno dei limiti. Una buona scuola può aiutarti a superarli o a renderli meno angusti, ma non li può eliminare. Persino fra gli alunni di Don Milani c’erano quelli più svegli e quelli meno, nonostante don Milani ed il suo impegno.

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  12. @Giuseppe: Il tuo commento, invece, contiene tutti i motivi per cui io spesso disprezzo una certa retorica “politicamente corretta” della Sinistra. Che invece di battersi perché i ragazzini che hanno problemi di apprendimento e di concentrazione possano avere realmente le possibilità di colmare le loro lacune e di venire seguiti meglio, si limita a dire che il problema non esiste e che chi dice il contrario è un fascista.
    Quanto alla “intelligenza”, il senso del post era che non ci si può aspettare che basti creare una scuola di massa o un internet di massa perché tutti, automaticamente, diventino fruitori consapevoli della rete o abbiano buoni risultati nell’apprendimento. Quelli che riusciranno a diventare davvero scolari con ottimi risultati o consapevoli utilizzatori della rete saranno sempre una ristretta minoranza.

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  13. @giaros: E’ curioso che uno parli di discriminazione in un post in cui si dice che io sono la prima a battermi e pretendere perché la scuola fornisca a tutti le nozioni di base, e si adoperi perché tutti, poi, abbiano i supporti adatti per riuscire ad arrivare almeno ad un livello minimo di apprendimento. Poi però, una volta che queste nozioni base sono state fornite, non è discriminatorio notare come alcuni arriveranno ad avere, avendo assorbito le medesime nozioni, degli ottimi risultati, ed altri no. In tutte le classi ci sono ragazzini che arrivano al sei e altri che arrivano al nove, e questi sono una percentuale inferiore, sempre. E’ discriminazione notarlo? Nessuno ha mai parlato di “togliere le mele marce dal cesto per evitare contagi”, questa è una proiezione tua. Si tratta semplicemente di sapere, in maniera molto realistica, che è improbabile che in una classe di 30 persone tutte e 30 possano arrivare ad avere nove in una materia, a meno che i voti non vengano regalati a casaccio.
    Quanto poi a questa malnata tiritera che l’insegnamento è una missione, francamente non ne posso più. Anche far l’avvocato è una missione, se si intende con questo che bisogna aver passione per il proprio lavoro e farlo scrupolosamente e con coscienza. Ma l’insegnamento è una professione: abbisogna di tecnica, come qualsiasi altra professione fatta seriamente. I “missionari” dell’insegnamento nella mia esperienza personale sono disastrosi: confondono il ruolo dell’insegnante con quello del confidente degli alunni, dello psicologo senza titolo o dell’assistente sociale improvvisato. Il risultato è che non insegnano spesso un caspita, danno per anni pacchette sulle spalle agli alunni e poi li lasciano ancora più indifesi di prima davanti al mondo.

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  14. @marcello: In quello la rete più che una benedizione è un miracolo. Ha abbattuto il problema “geografico” ed ha anche facilitato e reso più immediato, almeno fino ad ora, il contatto.

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  15. @ozkar: in realtà ti sei risposto da solo quando hai scritto “la maggior parte degli insegnanti”. Anche per gli insegnanti vale la stessa statistica che vale per gli alunni: quelli veramente bravi sono sempre pochi rispetto alla massa di chi fa questo lavoro. In una carriera scolastica spesso capita di incrociarne sì e no due o tre. Gli altri è già tanto se non fanno danni.

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  16. @diego: la scuola, da sempre, è attrezzata per riconoscere solo alcuni tipi di intelligenze, ed ogni insegnante, poi, dovendo dare una valutazione limitata alla sua materia, è in grado di riconoscere solo alcuni tipi di abilità. Resta un fatto che comunque, dopo anni di esperienza in cattedra, se uno non è proprio scemo, sa anche accorgersi che alcuni alunni, magari non eccelsi nella tua materia specifica, dimostrano però delle potenzialità. Ci sono ragazzini che vanno orrendamente in Italiano perché non studiano, ma solo facendo fare loro due frasi di analisi logica alla lavagna ti rendi conto che possiedono molta più capacità di analisi di altri che magari hanno voti migliori perché sono secchioni, ma che vengono premiati più per l’impegno che non per la reale intelligenza.
    Quanto a me, il mio unico personale credo è che essere istruiti sia meglio che non esserlo: almeno hai una possibilità, puoi essere autonomo e difenderti nella vita. Questo cerco di passare ai miei alunni. Per il resto le ideologie, almeno a scuola, mi interessano molto poco.

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  17. mi hai ispirato ad andarmi a rivedere le massime dei sette savi. che andrebbero dette all’orecchio del nostro pdc, il cav! senti un po’:

    partendo dalla tua citazione
    “οἱ πλειστoι κακoί (la maggioranza è cattiva) –
    Biante di Priene

    si può giungere giungere a
    “Se sei forte, sii mite e pacifico, in modo che chi ti sta vicino abbia rispetto di te più che paura.”
    e anche a
    “Che la tua lingua non preceda la tua mente.”
    Chilone di Sparta

    e per finire
    “Non esiste cretino che sia silenzioso ad una festa.”
    Solone di Atene

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  18. Galatea, appunto. Condivido questa ultima cosa che mi dici nel commento.
    Purtroppo il problema è come esplicitare questa ovvietà: che siamo tutti diversi. Per non sembrare troppo ovvi e per fare il punto si calca un po’ la mano. Ma calcando la mano si perde il punto.
    ciao, Al

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  19. Fuori tempo massimo, ma mi piace citare il mio professore (quello dell’università che ti cambia la vita) che, da ex ragazzo prodigio, uno dei più grandi d’Italia nel suo campo, controverso e osteggiato, diceva “Io non ho mai conosciuto nessuno che sia poco intelligente, ho conosciuto solo persone che non riuscivano in quel momento a superare i propri limiti”.

    Direi forse la stessa osservazione fatta da Galatea, ma un’interpretazione diversa, ed aperta all’azione. All’università selezionava i suoi allievi tra i peggiori, non tra i migliori, (e questo devo confessare che valeva anche per me), e ci metteva di fronte a un percorso difficile, proprio a ostacoli, finalizzato a farci appunto superare i nostri limiti, ad aumentare la nostra autostima, e a farci diventare non bravi, ma bravissimi. Non in termini di nozioni (solo), ma di competenze e fiducia. Vero è che operava in un contesto (grande università del Mezzogiorno) dove le persone incontravano limiti eccezionali, ma proprio per questo forse più facilmente aggredibili. Just my 2 cents

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  20. Per il resto le ideologie, almeno a scuola, mi interessano molto poco.

    sicuramente condivisibile a livello delle intenzioni, ed anche corretto a livello del proprio agire professionale; ma, a mio modesto avviso, in ogni agire, in specie quello rivolto all’educazione dei fanciulli, è impossibile non essere intessuti delle proprie convinzioni; la neutralità non esiste; già la scelta di attrezzare un giovane di mezzi critici, di capacità di giudicare l’esplicitarsi del potere, significa costruire un cittadino d’un certo tipo che, inevitabilmente, sarà schierato;
    è ovvio che un insegnante mi può dire: ma io insegno la grammatica! ma io insegno cose specifiche!
    lo so, ma la neutralità, non esiste, e nell’italia del 2010 non ci sono spazi condivisi, sono un lusso tramontato da tempo

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  21. Cara..bellissimo articolo !! L’ho letto e condiviso. L’amara considerazione finale sugli utenti che poi anche su internet si interesseranno de gf beh..mi solleva. E si..perche’? Ma perche’ sono il redattore di un blog super generalista che produce fuffa da dare in pasto proprio a questi utenti..sono complice?
    Un altra cosa, leggo che sei del nord est, io sto a Cormòns, in provincia di Gorizia..te di dove sei se posso permettermi di chiedertelo? Cosi’, per curiosità..

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  22. Ragazzi, l’intelligenza non serve a nulla, anzi è esiziale, poiché – com’è noto – vige l’equazione stupido=felice. Quel che serve veramente, nella vita, è solo un GRAN CULO SFONDATO! Credete a me.

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  23. cara galatea, creo sia la prima volta che leggo un tuo post e mi trovo in disaccordo radicale con te. credo che in te parli la fatica dell’insegnante, di quelli che ci provano fino in fondo e però non riescono a granché. credo che la tua sia la stessa voce – un po’ mento grezza ma sostanzialmente identica – del professore nei primi libri di starnone che ripeteva il mantra: c’è chi è nato per studiare e chi è nato per zappare. è la voce della nostra società che giustifica la conservazione del censo con la legge di natura. sbagli galatea e lo sai. qualcuno sopra ha citato don milani e forse ci dovresti pensare. intanto magari prova a partire dalla definizione di intelligenza. e capirai che il tuo ragionamento è sbagliato perché è sbagliata la premessa.

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  24. Cara Paola, mi sa che tu abbia frainteso la premessa. La premessa è che tutti abbiamo il diritto di avere l’opportunità di studiare e di migliorarci, indipendentemente dalle condizioni diverse delle famiglie e degli ambienti di partenza. Se ci sono degli impedimenti all’apprendimento dovuti al contesto familiare o sociale è doveroso che si faccia il possibile per minimizzarne l’influenza. Questo dice la Costituzione, e lo trovo sacrosanto. Ma raccontarsi la favola che tutti siano uguali e abbiano le stesse identiche capacità è poco realistico. Il professore di Starnone che dici tu sbagliava perché identificava “quelli nati per zappare” con i figli delle famiglie povere, confondendo l’ambiente sociale con l’intelligenza dell’individuo. Invece, nelle classi, ti rendi conto che la provenienza sociale conta poco: spesso conta persino relativamente poco il contesto familiare. Tu ti trovi davanti a ragazzini che sono abbandonati a se stessi, hanno famiglie maciullate alle spalle, sono poveri e sono pure ignoranti come zucche, ma che hanno delle capacità che basta riuscire a far sviluppare loro correttamente ed arrivano ad avere degli ottimi risultati. Altri che vengono da ambienti dove sono iperstimolati e seguiti, ma, con tutto questo, arrivano solo ad un dignitoso sei senza infamia e senza lode. Del resto, io sono dell’idea che a scuola il professore veramente bravo è quello che riesce a portare tutta la classe ad avere la sufficienza nella sua materia (cioè ad avere una conoscenza degli elementi fondamentali della materia) perché conoscere le basi è alla portata di tutti e non esistono alunni che non ci possono arrivare. Ma non esiste una classe in cui tu riesci a portare tutti ad avere dieci. A meno che i dieci non li regali con la pala.

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