Postare cazzate: Facebook, l’accordo con la Polizia, e le selezioni dei contenuti e degli utenti sui social network

Non ho ben capito, perché i termini dell’accordo ancora non sono molto chiari e fra smentite e ritocchi i contorni della vicenda risultano fumosi come un bunga bunga, che cosa di preciso abbia ottenuto il Ministero degli Interni da Facebook. Si dice la possibilità, par di capire, di entrare nei profili degli utenti senza mandato alcuno, e senza neppure avvertirli, per controllare quando postato sulla loro pagina personale.

Scandalizzarsi è inutile, in fondo: sebbene noi lo usiamo come se si trattasse di roba nostra, una estensione della nostra vita o della nostra casa, Facebook è roba di Mark Zuckemberg: per cui, se il padrone ci casa decide di siglare un accordo con la Polizia che le permette di entrare nell’edificio e perquisire senza avviso quelli che ci stanno dentro, temo che ci sia poco da opporsi e poco da fare, se non rifiutarsi di frequentare più quella casa e quell’ospite, con tutti i risvolti però che ciò comporta per noi.

Se dal punto di vista “legale” forse Zuckemberg ha tutte la ragioni dalla sua, dal punto ci vista “morale” gli utenti di Facebook hanno tutto il santo diritto invece di sentirsi traditi ed incazzati (sempre ammesso che i termini dell’accordo siano quelli filtrati ieri attraverso gli organi di stampa). Se non si capisce infatti come il materiale “compromettente” eventualmente scovato su Facebook dalla Polizia sarebbe poi utilizzabile come prova in un tribunale, dal momento che una intercettazione senza autorizzazione del magistrato (e per giunta che coinvolge persone terze) violerebbe ogni regola di ammissibilità, ancor meno si capisce con quale spirito io utente privato dovrei mettermi a parlare di cose private mie e personali o potenzialmente scottanti in un luogo dove il padrone di casa fa l’informatore della Polizia, e la mia conversazione con un amico può essere, senza che io ne abbia il minimo sospetto o sentore, seguita ed intercettata da qualche decina di volonterosi carabinieri.

Non mi si dica che è lo stesso problema che si pone con le intercettazioni telefoniche dei cellulari: quelle sono disposte da una magistrato sempre e, per giunta, chi viene alla fine indagato riceve comunque un avviso di garanzia, che gli consente di saperlo. Qua sembrerebbe di no: la polizia, senza mandato alcuno, e neppure controllo quindi di una autorità terza. potrebbe per giorni o anni seguire il mio profilo, leggere la mie chat e la mia corrispondenza con altri contatti, usarmi, in breve, come una sorta di “informatore” inconscio, senza che io lo venga mai a sapere e senza che nulla venga mai formalizzato. La cosa, ne converrete con me, è inquietante, ed è strano che un simile accordo sia stato promosso da chi da mesi ci sfrantuma l’anima con i problemi della privacy legati alle intercettazioni telefoniche: chi si è commosso perché il mafioso che chiama mamma potrebbe finire per sbaglio ascoltato dal magistrato non fa un fiato se milioni di cittadini onesti possono finire spiati da poliziotti troppo solerti che non devono neppure chiedere alcuna autorizzazione. Ah, già, Facebook è il covo dell’odio, dimenticavo, mentre il cellulare no.

Ma lasciando perdere questi aspetti, c’è un altro tipo di ricaduta di una simile normativa, che potremmo definire “sociale”. Se io so che Facebbok è un luogo dove posso essere spiato ed intercettato, questa percezione cambia anche il tipo dei contenuti che, se decido di rimanerci, potrò postarci o aggregare. Se fino adesso evitare di fondare o aderire al gruppo scemo “Diamo la medaglia al valore a chi ha menato Capezzone” (Maresciallo, se sta leggendo questo post non si agiti: me lo sono inventato adesso per fare un esempio!) era solo una questione di buon gusto, da domani sarà una questione di elementare prudenza. Così come sarà elementare prudenza evitare, nelle chat e negli status, citare affermazioni che riguardino la politica, la religione, il sesso o quant’altro, che un domani possano essere usate contro di noi. Sarà anche prudente evitare di linkare, taggare, cosare in genere amici, perché non si può mai sapere se essi non facciano parte degli “attenzionati”. Insomma, metà delle normali operazioni che si fanno su un social network e per cui il social metwork è nato diverranno oggetto di preventiva disamina morale: se taggo tizio per segnalargli un articolo in cui si parla male di Maroni, non è che lo espongo a perquisizioni arbitrarie? E quindi, nel dubbio, no, non lo taggo più, e neppure linko l’articolo nella mia pagina: non si sa mai.

Avremo pertanto la nascita di un Facebook svuotato o almeno certamente dimidiatus: un luogo dove, per sicurezza, parlo con i miei amici solo di quante barbabietole ho raccolto su Farmville o posto l’ultimo video di Gigi d’Alessio. Facebook sarà un luogo vuoto forse di questo famoso “odio” che tanto impensierisce i nostri governanti, ma anche di qualsiasi contenuto che vada al di là della scemenza.

Se lo scopo è quello di mettere i bastoni alla controinformazione e all’aggregazione sui temi politici e sociali, l’operazione riuscirà forse solo in parte: i gruppi terroristici “veri” dubito che usassero Facebook per raccattare adepti anche prima, ed esistono, paralleli a Facebook, reti diverse in cui l’informazione “alternativa” potrà continuare a girare indisturbata, anche se con maggiore visibilità, impatto minore e certo qualche difficoltà in più.

Chi invece ne uscirà con le ossa rotte sarà proprio il social network, che magari continuerà ad avere grandi numeri fra gli utenti, ma si ritroverà con dei contenuti sempre più poveri, sempre più privi di un qualsiasi valore informativo o socializzante, contenuti che erano “anche” la sua forza.

La selezione dei contenuti porterà anche ad una selezione degli utenti, o meglio, ad una diversificazione degli utenti ed ad un livellamento verso il basso: su Facebook la grande massa di pubblico che è interessato a contenuti futili, da altre parti (i blog, altri social) gli altri. Il che porterà anche ad un contraccolpo per quanto riguarda l’investimento pubblicitario da parte delle aziende: per alcuni tipi di prodotto destinati ad un pubblico qualificato e di nicchia, l’inserzione su Facebook diventerà inutile, quando non addirittura controproducente.

Si potrà obiettare che ad alcune aziende a Facebook in generale perdere qualche migliaio di contatti/utenti non farà un baffo. È vero. Ma è anche vero che il pubblico socialmente impegnato, colto e considerato in Italia “di nicchia” è però formato da più gente di quanta si creda, e che, per giunta, rappresenta quella élite di early adopter che poi influenza pesantemente le scelte successive della massa, e non a caso viene corteggiata dalle aziende più scaltre.

Chi resterà su Fb come utente, anche magari facendo parte di altre fasce di pubblico più “colte”, terrà i contenuti seri per mezzi più sicuri e su Facebook posterà essenzialmente cazzatine innocue e prive di ogni senso: il video del bimbo che si cappotta mangiando la torta, il coccodrillo che sbadiglia, la foto della morosa che fa le boccacce sotto la torre di Pisa. Insomma, Facebook sarà in Italia una versione on line di un telegiornale di Minzolini. Che però perde telespettatori. Chissà perché.

 

 

14 Comments

  1. Sempre interessanti i tuoi post.

    Credo però che alla fine cambierà poco: molti non sapranno neanche di questo accordo, altri lo sapranno e sottovaluteranno le possibili conseguenze.

    D’altra parte, già ora sappiamo che potenziali datori di lavoro o chi ci potrebbe affittare un appartamento possono dare un’occhiata su FB per farsi un’idea di chi siamo e cosa facciamo. Nonostante questo, molte bacheche sono visibili senza filtri privacy e vedo poche remore a raccontare quanto si era ubriachi ieri sera o a sottoscrivere gruppi stupidi.

    Quanto alla mia pagina, già ora è molto futile: qualche foto delle vacanze, qualche articolo segnalato, Anobii che ribalta i libri caricati, qualche commento tra amici. Nulla di cui potrei vergognarmi in futuro, spero.

    Buon week end

    Daniela

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  2. Condivido la tua analisi sulle conseguenze che avra’ il famigerato accordo fra Polizia Postale Italiana e Zuckemberg, ma non condivido la parte iniziale. Dire che poiche’ Zuckemberg e’ il padrone di casa e quindi puo’ fare cio’ che vuole anche consentire alla Polizia di entrare nelle nostre pagine e’ come dire che se io abito in una casa in affitto il mio padrone di casa puo’ consentire alla Polizia di perquisire l’abitazione senza un mandato e senza che io ne sappia niente. E’ vero che su Facebook non si paga affitto ma questo e’ un aspetto marginale a mio avviso. Mi viene concesso uno spazio dove io sono libero di fare cio’ che voglio, i miei dati li consegno al padrone dello spazio che non e’ pero’ autorizzato, a meno che non me lo chieda espressamente ed io lo autorizzi, a fornire questi dati a chichessia.

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  3. Nutro seri dubbi sul fatto che la Polizia Postale possa fare una cosa del genere senza preventiva autorizzazione di un magistrato. Semplicemente perché:

    Art. 617 quater C.P.
    Intercettazione, impedimento o interruzione illecita di comunicazioni informatiche o telematiche

    Chiunque fraudolentamente intercetta comunicazioni relative ad un sistema informatico o telematico o intercorrenti tra piu’ sistemi, ovvero le impedisce o le interrompe, e’ punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni. Salvo che il fatto costituisca piu’ grave reato, la stessa pena si applica a chiunque rivela, mediante qualsiasi mezzo di informazione al pubblico, in tutto o in parte, il contenuto delle comunicazioni di cui al primo comma. I delitti di cui ai commi primo e secondo sono punibili a querela della persona offesa. Tuttavia si procede d’ufficio e la pena e’ della reclusione da uno a cinque anni se il fatto e’ commesso: 1) in danno di un sistema informatico o telematico utilizzato dallo Stato o da altro ente pubblico o da impresa esercente servizi pubblici o di pubblica necessita’; 2) da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio, con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti alla funzione o al servizio, ovvero con abuso della qualita’ di operatore del sistema; 3) da chi esercita anche abusivamente la professione di investigatore privato (1). (1) Articolo aggiunto dall’art. 6, L. 23 dicembre 1993, n. 547.

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  4. infatti… qui c’è una versione “ufficiale” della polizia postale
    http://www.agi.it/research-e-sviluppo/notizie/201010281745-eco-rt10385-internet_polizia_postale_ma_quale_spionaggio_su_facebook
    poi, bisognerebbe andare a vedere i dettagli dell’accordo… e dell’articolo che ho linkato mi sembra ridicola soprattutto l’affermazione “figuriamoci se qualcuno su facebook annuncia che si vuole uccidere, che facciamo, avviamo tutte le pratiche delle convenzioni internazionali” (figuriamoci se qualcuno annuncia su facebook che si vuole uccidere!!!)
    un saluto

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  5. Bel pezzo. Da condividere in Rete.
    La cosa più importante è che sia accertata la qualità degli accordi Viminale/Facebook al di là delle facili smentite che si sono rincorse in queste ultime ore…
    Questa è purtroppo l’Italia in cui tutti smentiscono tutto.

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  6. @antipolitico; purtroppo, a parlare senza avere di preciso sotto controllo il testo dell’accordo si possono solo fare ipotesi. Ma la responsabilità di Facebook è affine a quella che ha un Preside, ad esempio, con gli armadietti scolastici degli alunni: anche se contengono effetti personali e cose private degli alunni, sono pur sempre della scuola; pertanto, in caso venga un poliziotto e chieda di ispezionarli, il Preside può concedere l’autorizzazione anche senza avvertire prima l’alunno. Per la perquisizione, però, ci vuole in quel caso sempre un mandato del magistrato. Qua invece sembrava (e sembra ancora), dalle notizie filtrate, che l’autorizzazione sia concessa a priori su tutte le pagine di Facebook. Il che è inquietante.

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  7. @frap: Anche secondo me un controllo da parte della polizia, in Italia, senza autorizzazione del magistrato, sarebbe incostituzionale, e per giunta le prove così raccolte non sarebbero utilizzabili in un eventuale procedimento. C’è da dire però che qui non saremmo in presenza di intercettazioni fra più sistemi, ma tutte all’interno di Facebook. Se uno non ha una pagina lucchettata, il problema non si pone proprio perché può essere letta da tutti, quindi è pubblica e consultabile dalla polizia; se uno però ha un feed lucchettato o usa comunicazioni per chat la cosa è dubbia: basta l’autorizzazione di Zuckemberg? Secondo me no, perché è come se chiedessero alla TIm se possono intercettare il mio cellulare.

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  8. pochissimi sanno di questo accordo! E’ proprio il voler mantenere l’utenza di fb nell’ignoranza che potrebbe salvarli. Sperano (illusi) che i facebookiani non sappiano nulla e continuino a fare quello che facevano prima, in modo da spiare le attività indisturbati.

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  9. che facebook fosse una merdaccia l’avevo capito da un pezzo: e mi ero cancellato, dopo aver eliminato poco a poco tutti i miei dati, amici, note ecc ecc.
    adesso spero che diventi chiaro a tutti, e che perda sempre di più appeal: e che, alla fine, chiuda definitivamente.
    facebook è uno degli inganni più abominevoli mai pensati.
    strano che non ci abbia messo le mani il cavaliere nostro.

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  10. Il tutto, ovviamente, con l’autorizzazione del magistrato.

    C.V.D.

    @Gala
    Chiunque fraudolentamente intercetta comunicazioni relative ad un sistema informatico o telematico o intercorrenti tra piu’ sistemi,…

    E’ il medesimo reato che il garante della privacy ha ipotizzato nei confronti di Google per la nota vicenda di raccolta “involontaria” di dati sensibili durante i giri in auto per il servizio di StreetView.

    Se la polizia postale facesse le cose ipotizzate dall’Espresso, commetterebbe un reato per il quale, in Italia, l’essere pubblico ufficiale costituisce motivo di aggravante.
    Figuriamoci.
    E’ palesemente una bufala.

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  11. Grazie Galatea per aer espresso così bene i dubbi che ogni utente della rete consapevole dovrebbe sentire come suoi.
    LO stesso, molto meno articolatamente, ho commentato su Facebook quando è comparso il post -e poi l’articolo- di Gilioli. Io già mi sentivo poco libero, figurarsi adesso. Spero solo che Diaspora parta finalmente, e che lì non facciano accordi lesivi della nostra non solo libertà, ma anche tranquillità di poter cazzeggiare e poter dire liberamente cosa pensiamo di tizio o caio senza aver paura di essere denunciati. Perché da noi il Premier può dire qualunque cosa che ci scappa la risata: per il volgo evidentemente le cose sono diverse.

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