L’Italianità

Che meraviglioso intellettuale è Marcello Veneziani. Così chiaro, preciso, analitico: capace di cogliere appieno i concetti, centrarli e sintetizzarli. Mica come quei quaquaraquà sinistrorsi, fumosi e parolai, che girano a vuoto! No, lui ha le idee e la prosa per dirle. Tanta è la sua maestria che, onore al merito, il suo articolo sul Giornale di oggi va proprio letto riga per riga, chiosato con attenzione e con attenzione meditato: è una disamina così seria su cosa voglia dire “essere italiani” che andrebbe imparato a memoria e fatto imparare nelle scuole, perché – come dire?- un testo così ti apre gli occhi.

L’incipit, a onor del vero, è un tantino iettatorio: Italiani si nasce ma si può morire, anche da vivi. Però il generoso cuore nazionale non si farà certo spaventare da un inizio lievemente menagramo epperò anche autoesaltante, perché a noi piace sapere che siamo difficili; e poi, dài, la jella evocata si supera subito con una toccatina di palle, che sempre parte dell’italianità è.

Italiani si nasce ma si può anche diventare. Ci sono italiani elettivi, per scelta e non per diritto di voto, che meritano la cittadinanza e la definizione. L’identità attiene alle origini e alle radici ma non è un fossile; l’identità mobile, che muta nella continuità e si trasmette, si chiama tradizione. In effetti ‘sta frase è italianissima fino alle midolla, difatti non è ben chiaro che cazzo voglia dire, nel suo complesso: per prima cosa perché è difficile capire di cosa sia fatta la “tradizione”, visto che Veneziani non lo spiega. Attiene alle origini e alle radici, ma anche no; è mobile, come la donna per il Duca di Mantova, quindi, par di capire, un po’ puttana, perciò la si può anche dare, alle fin fine, a tutti; è una tradizione, ma una tradizione che “muta”, in spregio alle tradizioni meno “italiane” degli altri paesi, che invece, prive di fantasia, se sono tradizioni stan lì.

L’italianità è sì un fattore naturale ma anche culturale; la biologia conta quanto la storia, la geografia e il pensiero. Ma anche??? Almeno un dubbio ce lo siamo tolto: da quando Veltroni non fa più il segretario del PD deve sbarcare il lunario così, scrivendo testi di nascosto per Veneziani. Vabbe’, ma l’italianità in tutto questo? Che è, in soldoni? Ci dai un indizio? No, solo un: Gli italiani non sono una razza, diceva Flaiano, ma una collezione. Oh madonna, l’immancabile citazione di Flaiano no, ti prego! Vietiamole per legge. Soprattutto per rispetto al povero Flaiano, ridotto ormai ad essere un discount di aforismi.

Ok, però adesso che abbiamo giubilato persino il luogo comune flaianeo, ce lo dici, Marcellino bello, cos’è ‘sta Italianità? Sì, forse ci arriviamo, Veneziani si sbilancia:

Penso anzi, che perduto il patriottismo in armi e sacri confini, con la relativa identificazione dello Stato con la Nazione, le identità dei popoli siano diventate culturali, civili, caratteriali. Più liquide e fluttuanti ma più essenziali, come l’acqua, il sangue, lo sperma e la saliva.

Ammazza, di una tradizione così, in effetti, uno sbava per farne parte. In senso letterale.

E non solo: nell’epoca della globalizzazione e dell’uniformità avere un’identità culturale di popolo è una ricchezza, un bene da preservare. Certo, si capisse cosa devo preservare esattamente: Marcellino, ce lo spieghi?

Torno a dire che se le nazioni hanno una personalità, l’italianità è una delle personalità più spiccate al mondo. Sì, abbiamo capito, ma perché?

Lasciamogli tempo, forse forse ci arriviamo: siamo una grande nazione ed un piccolo stato, anzi una superpotenza mondiale quanto a beni culturali, artistici e storici ma anche civili, creativi, gastronomici e un modesto Paese quanto ad apparato tecnologico, militare ed economico. Cioè, in pratica, ci siamo limitati ad ereditare quello che i nostri padri ci han lasciato senza fare una cippa, perché per tutto ciò che attiene alla modernità non abbiamo saputo tenere il passo. L’italianità si configura quindi come una sorta di simpatico parassitismo, la tradizione è sbafare il patrimonio di famiglia. Tutto ciò perché siamo un popolo di grande personalità, medio-piccola statura. Azz, uno stampo ed una figura con Berlusconi, in pratica.

Andiamo avanti. Per illustrare il carattere italiano secondo il Veneziani pensiero, seguono una trentina di righe che paiono un riassunto fatto alla bell’e meglio da un bignami:

La storia dell’italianità è assai più lunga e prestigiosa della storia dello Stato unitario. (Maddai!)

Otto secoli di lingua, una civiltà fortemente connotata dall’essere sede della romanità e poi del cattolicesimo,una nazione disegnata dalla geografia perché circondata dal mare e da un arco alpino (Onore al merito: oltre al bignamino di storia, ha dato una sbirciata anche quello di geografia).

Una nazione culturale fiorente da secoli. Prima di Cavour, dei Savoia e di Garibaldi, l’Italia fu fatta da Dante, Petrarca e Machiavelli. La lingua, la letteratura e l’intelligenza fondarono l’Italia prima delle armi, dei regni e degli ordinamenti. (però il bignamino di storia resta comunque il primo amore, eh).

Il sale della sua identità è la diversità, è un Paese non grande ma ricco di varietà, non solo tra sud e nord, ma tra provincia e città, tra entroterra e costa, tra versante orientale e versante occidentale. Quindi, se essere “diversi” è il punto centrale dell’italianità, in che cosa consiste l’identità da preservare a tutti i costi?

L’italianità è un carattere, un marchio in cui si sintetizzano le virtù e i vizi del Paese; è un Paese poco organizzato, solitamente mal guidato dalle sue scarse classi dirigenti, allergico alle responsabilità personali e al riconoscimento dei meriti, incline alle mafie e alle consorterie, dominato dalla furbizia, con un senso cinico che sovrasta il senso civico. Un Paese che fugge nell’individualismo quando deve assumersi responsabilità di popolo, e si rifugia nel collettivismo o nell’ammuina quando deve assumersi responsabilità personali. Se queste sono le caratteristiche dell’Italianità, è proprio così necessario preservarla?

Un Paese difficile da amministrare, proibitivo da governare. In effetti c’era un tizio che considerava inutile tentare di governare gli Italiani. Com’è che si chiamava? Boh, mi pare Benito.
Ma allo stato sfuso e liquido, quando si giudica la qualità della sua vita e le sue creazioni, quel che chiamo «Madre in Italy» – sintesi di ingegno, intraprendenza, mammismo e familismo – l’italianità resta un’impronta di vitalità straordinaria che non merita di essere soffocata.
Insomma, il buon senso suggerirebbe di strozzarla in culla, l’Italianità, ma non te la senti perché è simpatica.

Scoprendo la forza e il fascino dell’italianità, ovvero la sicurezza della propria identità, è possibile anche integrare gli stranieri, da un verso accogliendo la loro identità e dall’altro favorendo la loro integrazione. Riassumiamo: siamo un paese di allegri ed incasinati brigantelli. Sicuri di questo nostro carattere nazionale, possiamo allora spingere gli stranieri a diventare come noi. Però allora smettiamola di lamentarci di quelli che rubano e fanno i furbi: in fondo stanno solo cercando di assorbire i caratteri salienti della nostra cultura.

A questo Paese è mancata una religione civile, ovvero un senso comune fondato sulla propria tradizione civile e religiosa […]; il sentire religioso ha sempre fatto a pugni con la lealtà istituzionale. Verissimo. Mica siamo stati fortunati come altri paesi, in cui per sessant’anni è stato al potere un partito cattolico, neh!

È mancata la sobria fierezza di essere italiani, preferendo sbandare tra l’autodenigrazione e l’autoesaltazione, ora perdendo in sobrietà ora in fierezza. Due doti che sono da sempre patrimonio dei simpatici manigoldi, cioè quello che noi Italiani, per carattere nazionale certificato dal Veneziani, siamo.

Oggi i nemici d’Italia non sono gli immigrati, che costituiscono a volte un problema a volte una risorsa, (per esempio: risorsa, quando accettano zitti e mucci di far da schiavi, problema quando s’incazzano a far sempre gli schiavi..)

I veri nemici d’Italia sono gli italiani stessi, l’idea di un Paese spompato e sfiduciato, degradato e involgarito, che non fa più figli e ha paura di tutto, a cominciare dall’ombra di se stesso. E chissà perché dovrebbe sentirsi sfiduciato, il Paese, se ha oramai una società che pare partorita dal cervello di Azzeccagarbugli…

Un Paese egoista e sfamigliato, schiavo come pochi della dipendenza tecnologica, da auto, telefonino, video, e comodità, atrofizzato nelle sue funzioni vitali dalla tecnologia e dai farmaci, allergico a pensare e a cercare. Azz, è vero, torniamo alle belle famiglie patriarcali di una volta, chiuse e contadine, che mai indulgevano a concedersi una sola comodità inutile, e piantiamola di pretendere connessioni ad internet, informatizzazione, sanità efficiente: che serve mai poter accedere alla rete, viaggiare e ottenere un livello di vita migliore: si stava tanto bene ai tempi dell’albero degli zoccoli! Tutti, all’epoca, erano lì a pensare e cercare, infatti. Soprattutto un modo per scappare via da quell’incubo.

A costo di passare per platonico dirò una mezza eresia: l’italianità esiste, gli italiani un po’ meno. Scusate, a questo punto quasi quasi a me scappa un sospiro di sollievo, a voi no?

Il disegno civile e culturale che dovrebbe animare questo Paese e risvegliare le sue energie, è quello di far combaciare l’italianità con i suoi legittimi e spesso ignari portatori. Che come tutti i portatori sani rischiano di scatenare epidemie devastanti.

Via, un po’ d’amor patrio, che è poi l’amor proprio di una comunità, il volersi bene nella storia, nell’anima e nel corpo di una comunità nazionale.

Vabbe’, Marcello, mi hai convinto. Per chiudere in bellezza, però, un “Viva la mamma!” sarebbe stato più figo e molto più italiano, sai?

46 Comments

  1. è davvero difficile leggere le stronzate che scrivono i tipi come veneziani. ti va il merito di avercelo predigerito! (anche se in ogni caso m’è rimasto come un bruciore nell’esofago…)

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  2. Questo tuo post riassume in modo fulgido e chiaro tutte le motivazioni per cui non leggo il Giornale da… sempre. Mai vista una massa di ovvietà e stereotipi (mi sto riferendo alle parole di Veneziani, ovviamente! 😉 ) frammiste ai termini autarchici di patria, religione, fecondità e nazione. Che orrore. Mi considero internazionalista nel significato più puro del termine. Non sono “italiana”, sono europea, però parlo italiano. Mi sta a cuore questo paese in stato di totale disintegrazione anche se vivo all’estero perché molte delle persone che amo e che mi amano ci vivono ancora, non perché ci sono nata e per pura pigrizia ne conservo ancora il passaporto. Articoli del genere mi fanno davvero venir voglia di riorganizzare la la lotta eversiva, pur essendo non-violenta fino al midollo 😀
    Una cosa mi rincuora: ciò che pensavo del foglio innominabile che citi con tanto coraggio (io avrei bisogno di un doppio Plasil prima di riuscire ad ingerirne anche un paio di frasi) viene riaffermato e confermato dopo questa lettura domenicale… peccato che la versione online non si possa riciclare per la produzione di carta igienica ecologica. Almeno una funzione ce l’avrebbe.
    😀

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  3. Se si deve insegnare nelle scuole (anche al 30% di quelli là) e imparare a memoria proporrei di togliere il paragrafo che parla di virtù e vizi perché mi sembra, così a spanne, che questi siano di gran lunga prevalenti, anche nell’ispirata lezione del Nostro.
    Signorina Galatea confesso di non aver letto tutto, mi sono commosso e mi sono venuti i lacrimoni che mi hanno appannato la vista e sono caduti anche sulla tastiera per cui sono un po’ preoccupato. Ma adesso lo stampo e lo studierò con cura e lo reciterò tutte le sere prima di addormentarmi e ogni mattina, subito dopo il caffè.
    Grazie a dio l’Italia e il Giornale hanno un altro Vate. Se ne sentiva la mancanza, il vuoto lasciato da don Gianni Baget-Bozzo è stato finalmente colmato.
    Adesso chiudo perché mi attendono due impegni improcastinabili: 1) i contadini festeggiano la benedione degli animali (s.Antonio) — siccome non ci sono più animali si benedicono i trattori; 2) c’è la commemorazione di Bettino, cribbio!

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  4. Complimenti: non ti sei certo risparmiata in questa decostruzione (rectius: distruzione) di Veneziani. Sto ancora scompisciandomi dalle risate 😀

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  5. Questo articolo di Veneziani mi pare la versione “politica” del qualunquismo di Alberoni sul Corriere (quello per cui i buoni sono tutti alti e belli, i cattivi sono piccoli e brutti).

    E ci vedo, effettivamente, tanta voglia di Benito (chè lui, insomma, li faceva arrivare i treni…).

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  6. Ci mancava pure il nazionalismo. L’ultima volta che i patrioti italiani hanno messo il naso oltre confine (i patrioti, si sa, amano spesso occupare le patrie altrui) abbiamo stupito l’Europa per impreparazione, velleitarismo, pressapochismo, disorganizzazione ecc. In Africa no. Lì abbiamo stupito per crudeltà.
    Vedremo Veneziani saltare attraverso un cerchio di fuoco come i gerarchi di una volta ?

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  7. Aspe’, ma Veneziani non era per caso quello di “Faccisti su marte”: interpretava uno dei sottoposti dell’impavido gerarca Barbagli (“O marte o morte…”)

    Uhm…non vorrei, continuando con questo sarcasmo a buon mercato, finire per dar ragione a Riotta (o riuscire a farmi capire pure da Gasparri).
    Indi, mi taccio.

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  8. Il punto del diuscorso di Veneziani sulla “tradizione” è ineccepibile e le tue confutazioni al riguardo sono, mi dispiace drtelo, inconcludenti.
    In riferimento alla identità di una comunità di persone, la tradizione (cioè il tramandarsi di valori da generazione e un’altra) è certamente “mobile” perchè ogni passaggio di fase (da una generazione all’altra) comporta un arricchimento e quindi una parziale modifica : è questa la tradizione “viva”.
    Se la tradizione non fosse “viva” (se cioè non fosse più sottoposta) allora significa che anche l’identità comunitaria sarebbe morta: ad esempio la tradizione dei “longobardi” o dei “bruzi” o dei sanniti o dei franchi o di qualsiasi altra comunità ormai congedata dalla storia è una tradizione “rilevabile” e ricostruibile” storicamente ma ormai morta.
    Diverso il caso della tradizione greca-antica ancora accettabilmente viva grazie o la tradizione romana-antica che rimane in vita grazie soprattutto alla Chiesa di Roma e che aveva avuto un bel rigurgito in Germania grazie alla filologia e alla pandettistica giuridica tanto che il jus romano era diritto vigente (corpus juris) in Germania fino ai primi del 900.
    Ecco, il caso della pandettistica romano-germanica è l’esempio più cristallino e palapabile di “tradizione viva” : abbiamo una tradizione giuridica (non c’è nulla più terribilmente vivo e incidente in una comunità umana che un diritto vigente!) che però è espressione di una elaborazione continua che dura da più di un millennio, cioè è il frutto di continui mutamenti : ECCO LA TRADIZIONE VIVA.

    Tu chiedevi: cos’è l’italianità ?
    Ti rispondo dopo che mo non c’ho tempo

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  9. scusa ma il post sopra è pieno di errori per la mfretta.
    Però con un po mdi attenzione si capisce.

    PS:
    ho criticato il contenuto del tuo post , ma la forma è sempre affascinante … leggerti è così gradevole !!!!

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  10. complimenti per il post, bellissimo e divertente!
    poi vabbè, penso che Veneziani ha scritto quel che ha scritto non per divertire ma perché crede a ciò che scrive, e allora un po’ mi sento male.. ma ti ringrazio per avermelo almeno filtrato!! 😀

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  11. Sig. lector, se Lei si è davvero scompisciato dalle risate, più che mangiarmi una defecazione (la sig.na Galatea m’a rigoureusement defendu d’nommer la merde*) io sono pronto a spararmi un colpo di pistola in testa piuttosto che scegliere chi tra Lei e il sig. Veneziani è il più… ingenuo?

    *Dal momento che la sig.na Galatea mi ha proibito di scrivere “non capisci un cazzo” ma mi ha autorizzato a tradurre l’espressione in “non capisci un pene”, sappia che se non l’ho scritto è perché non lo penso. Invece “ingenuo”, come pure “frottolaio”, lo penso davvero (scrivo “frottolaio” perché bugiardo è troppo ed è banale, e non ricordo se sia consentito il termine “cuntamusse”).

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  12. Ecco qui che la sig.na Galatea ricomincia a raschiarmi. Beh, questa volta non me lo meritavo, signorina. E non avevo neppure “pasticciato”.

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  13. Sig. mirage, non mi stupisce che la forma italiana della signorina Galatea sia per Lei qualcosa di divino. Si ricorda, di quando “Il Kossovo era una regione come può esserla l’Umbria per l’Italia”?

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  14. @—>Red. Cac.
    Lei, invece, mio caro, è persona priva di creanza, perché s’intromette di petto nelle conversazioni altrui, senza neppure la delicatezza di comprendere che determinati solecismi, idioletti e modi di dire, appartengono a quel lessico familiare che usualmente s’adopra in un ammiccante dialogo tra conterranei, a cui non mi risulta che lei sia mai stato invitato.
    Mi ricorda un vecchio maestro elementare, pur eccellente conoscitore della lingua italiana, ma che aveva l’ignobile abitudine di scatarrare sul fazzoletto, ogni qual volta terminava la lezione, provocando nei suoi alunni comprensibili conati di vomito.

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  15. Senza nulla contestare di quanto mi viene attribuito, salvo precisare che scatarro soltanto su fazzoletti di seta… o meglio: scatarrerei, perché poi mi piange il cuore all’idea di scatarrar sulla seta, e lo faccio direttamente sui banchi, provocando ben peggio che conati di vomito. Ma dica, Lei lo ha avuto davvero un maestro elementare come me, che l’ha così segnata irrimediabilmente? Per questo esonda dal sorriso (stentatello, a dire il vero) allo scompiscio?
    Comunque, lo confesso, non ho visto né solecismi né idioletti. Scompisciarsi dalle risate, mi consenta, dice il cav., non appartiene a nessun lessico famigliare, meno che meno a un qualche lessico di conterraneità. Se Lei mi avesse detto: “Orsù, vecchio citrullo bilioso, possibile che tu debba rompere i ciglioni (ci…!) ad ogni iperbole!” mi sarei dovuto tacere.
    Aggiungo ancora che non è vero che non sono stato invitato: la signorina mi ritiene ottimo come rumore di fondo. e a questo scopo si serve di me. Le pare il caso di adombrarsi tanto? Cercherò, in futuro, di avere la delicatezza di… di non comprendere? Ci accordiamo su questa delicatezza
    di non comprendere?

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  16. Caro Lector, capisco che è un personaggio antipatico , non credo che valga la pena di rispondere a simil individuo. Credo che su di lui la migliore definizione sia stata data da alcuni che scrivono così: “…si crede in gran figo ma è un insegnante veramente mediocre.”

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  17. A me sembra che dal discorso di Veneziani -nonostante le elucubrazioni sulla biologia (come concordo) e le armi per il patrio suolo,l’identificazione Stato/Nazione di nefasta memoria, le dotte citazioni da Dante a Machiavelli a Garibaldi e Cavour,insomma nonostante l’armamentario retorico- si evinca come definizione di italianità il classico FURBI OPPORTUNISTI UN PO’ DELINQUENTELLI…cioè lo stereotipo (insieme al classico mamma, spaghetti, mandolino) con cui ancora all’estero in molti ci guardano con aria quasi razzista.

    Forse lo Stato è l’insieme di cittadini stabilmente residente in un territorio (ovvero la società civile in cui oggigiorno entra il concetto di cittadinanza o nazionalità) retto da un corpus di leggi concernente i diritti/doveri; nel mio piccolo mi sembra la definizione più semplice e lineare.

    Il resto mi pare aria fritta…ma forse sono io che non arrivo a sì alte vette di pensiero

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  18. Allora… tutti contro Veneziani? Nessun giudizio men che stroncatorio?
    Mi sa che anche questo blog é monodiretto, o – nella migliore delle ipotesi – riservato ai nullafacienti che amano leggere le proprie masturbazioni mentali.
    Un saluto da A.R. (capitato per caso)

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  19. @A.R: Se riesci a trovare un solo periodo nell’articolo di Veneziani che non sia di una desolante, imbarazzante banalità (nel migliore dei casi) prego, puoi pure difenderlo. Io le sue elucubrazioni le ho smontate punto per punto, citando la fonte. Se sai far di meglio, accomodati.
    Quanto al fatto che il blog sia “mondiretto” non ho ben capito cosa vorrebbe dire, ma l’espressione fa parecchio ridere: questo è un blog e quindi le opinioni che vi esprimo sono mie. I commenti sono liberi, ma, a parte questo, non sono tenuta ad una qualche forma di par condicio. E quanto al fatto che non avremmo noi di meglio da fare in uanto nullafacenti, pensa a che vita piena di impegni allora devi aver tu, che perdi persino il tempo a legger tutto e postare nei commenti. A lavorare, sciò.

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  20. scusi A.R. mi faccia capire…

    se uno dava ragione a Veneziani non sarebbe stato ugualmente un nullafacente che ama le sue masturbazioni mentali?
    l’atto sarebbe stato il medesimo, scrivere un pensiero nel tempo libero..
    che è ciò che anche lei ha fatto se ci pensa…

    le confido una cosa: per chi è attualmente precario, disoccupato, stagionale part-time o malato (sa le cause possono essere tante del “fannullonismo”) il pc è un modo economico per passare il tempo e scambiare idee.

    scrivere qualcosa che non produce nessun confronto a me sembra un nonsense; allora meglio difendere le idee di Veneziani se le si approvano.

    grazie dell’attenzione

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  21. @lector: lascialo stare, lector.red cac è uno di quei vecchietti bizzosi che a Genova si mettevano a guardare i cantieri delle Colombiadi, brontolando tutto il tempo. Quando gli han chiuso il cantiere, ha deciso di mettersi a guardare fisso il mio blog. Non ha altro modo di occupare il tempo. Di cacciarlo non ho cuore. Via, siamo comprensivi con una persona anziana.

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  22. @mirage: anche a me piacerebbe molto ribattere punto per punto a questa tua bizzarra idea di cosa sia la tradizione ( e le pandette romano-barbariche, soprattutto). Ma non c’ho tempo nemmeno io, ora.

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  23. Ma signorina! Lei che corre a difendere il sig. lector senza il minimo riguardo per la dolorosa vecchiaia. Le dedicherò questi pochi versi.

    Galatée, si mon visage / A quelques traits un peu vieux, / Souvenez-vous qu’à mon âge / Vous ne vaudrez guère mieux.

    Le temps aux plus belles choses / Se plaît à faire un affront / Et saura faner vos roses / Comme il a ridé mon front.

    Le même cours des planètes / Règle nos jours et nos nuits: / On m’a vu ce que vous êtes; / Vous serez ce que je suis.

    Peut-être que je serai vieille, / Répond Galatée, cependant, / j’ai vingt six ans, mon vieux red. cac. / et je t’emmerde en attendant.

    *La réplique de Galatée imaginé par moi même n’est pas sans profondeur: invitant au “carpe diem”, red. cac. joue en fait contre lui, puisque dans ce présent qu’il faut saisir, Galatée a vingt-six ans et red cac est un vieillard.

    p.s.
    Non mi pare il caso di enfatizzare il fatto che Lei abbia qualche anno di più di 26, né che il sottoscritto red. cac. ogni tanto riesca ancora a sgusciare dove non sguscia il sig. Train. Per l’aspetto paradossale della situazione, la invitiamo a leggere L’Abbichino delle donne, di G.G. Belli. So, non è cultura classica, ma ça vaut la peine, maintenant que vous m’avez bien emmerdé, mademoiselle.

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  24. ops … mi hai risposto.
    Sì è vero, per scrivere qualcosa di decente su questo argomento serve tempo e concentrazione .
    Io ho tentato una integrazione sul mio blog incollando un mio vecchio intervento (un botta e risposta rapido) ad una animata discussione sul forum leghista di politicainrete su italianità, romanità e “terroni” : sono rimasti molto sorpresi (i leghisti) del fatto che io abbia ribaltato la loro posizione sull’italianità dicendo che sono più italiani quelli del n ord che quelli del sud.

    Vedi Galatea, l’identità di popolo non è definibile nel suo contenuto ma è percepibile solo attraverso un confronto con popoli diversi.
    Ti accorgi di una identità italiana quando attraversi le alpi e ti appare un paesaggio urbanistico particolare e diverso, le chiese sono diverse, i vicoli sono diversi.
    E poi soprattutto il modo di esprimersi dei singoli: e arriviamo alla gesticolazione. La gesticolazione degli italiani è davvero sorprendente e denota una certa teatralità nel porsi agli altri. Già la teatralità. Eccon un’altro punto peculiare : il teatro semicircolare è qualcosa tipicamente italiano, nato in italia e il fatto di un passaggio dal teatro circolare greco a quello semicircolare non è solo un semplice cambio di stile ma è qualcosa che mnolto profondo che è molto significatrivo dell’italianità anche perchè solo il semicircolare ti consente una piattaforma adatta per la musicalità.
    Arriviamo alla musucalità: ti chiedi perchè in tutto il mondo la musica ha concetti espressi solo in italiano (non in latino) allegro, fuga, sonata, piano, forte etc. etc. ?
    Vedi, piano piano escono i caratteri dell’identità italiana.
    E arriviamo al melodramma. Il melodramma non è soolo un qualcosa di prettamente musicale e teatrale ma ….

    sucsa ma devo lasciare … alla prossima

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  25. l’italia non esiste più, checchè ne dica veneziani

    il veneziani mi piace per lo stile, e per la sostanziale capacità di scrivere brani piacevoli alla lettura me che poi, alla fine, non c’è scritto nulla

    forse i veri italiani sono gli immigrati che desiderano diventarlo, giacchè un’idea è forte solo in coloro che davvero desiderano qualcosa

    veneziani è oscuro a se stesso, probabilmente, comunque mi piace lo stesso non so il perchè

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  26. Quando penso a come è messa l’italia mi sento veramente abbacchiato. Fortuna che c’è Veneziani: domani appena sveglio vado a trebbiare un po’ di grano a torso nudo, orgoglioso e turgido della mia italianità.
    Picolìn ti manda cari saluti.

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  27. @diego: ognuno ha le sue incomprensibili perversioni.
    @ruzino:Vai pure a trebbiare, io verso mezzogiorno passo a portar vettovaglie per rifocillarti, da brava contadinella e massaia italica, giacché tu non mi puoi raggiunger al semplice desco ove solitamente s’offrono i doni naturali della terra e del lavoro dell’uomo. Ehia ehia, alalà…
    (Commento da leggere con tono da vecchio filmato Luce, ovvero mobilitando il Guzzanti di Fascisti su Marte)

    PS:Coccola Picolin da parte mia, spero si sia ristabilito del tutto. Però se trebbi il grano non si immalinconisce a casa da solo? 😉

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  28. Doppio plauso alla pregiatissima padrona di casa. Per lo sprezzo del pericolo mostrato nel maneggiare materiale tossico-nocivo, per la proposta di una legge che vieti le citazioni di Flaiano. Che, se introdotta nell’ordinamento, andrebbe ad affiancarsi alla Basaglia per importanza e sensibilità sociale. Grazie.

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  29. Trovo molto interessante l’analisi di mirage.

    tuttavia gli elementi addotti non mi parrebbero universali, ma transitori: la musicalità ce l’hanno molto anche i caraibici ad esempio, le partiture di oggi non sono più scritte con “allegro” o “andante”; l’architettura stessa si divide in vari periodi storici diversi con diversi stili, il gesticolare è tipico più del nord che del sud, degli anziani più che dei giovani…insomma dare una definizione implica un’essenza che non muta (se non in alcuni particolari) e a me questi elementi, posti come sostanziali e non particolari, parrebbero mutevoli storicamente (ciò non significa che per un lungo periodo di un passato ormai un po’ remoto l’Italia non abbia fatto scuola culturalmente).

    forse, provo a buttare là, l’italianità non è un concetto, ma un sentire… chi vive o ha una lunga storia di conoscenza ed integrazione in Italia spesso si sente italiano per il legame con la sua storia, anche personale e familiare ad esempio.
    io mi sento italiano, che certo non vuol dire che per questo valuto con senso di supremazia altri popoli e culture, tuttaltro: l’italianità non è un merito, come non lo è -che so- l’ungheresità.

    ma si parla a mio avviso di una sfera che concerne sentimenti individuali e, ripeto, darne una definizione è difficile, seppure l’esito di mirage è molto più interessante, rispetto a Veneziani, che a me -ripeto- parrebbe non aver detto nulla.

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  30. BRUNACCIO: sorvolo sulla musicalità (anche se io la riferivo al concetto di melodramma che cartterizza in pieno l’identità italiana e che si perde in antiche radici greche un po come i circoletti di fanzazzisti che si vedono nelle piazze dei paesini italici hanno una qualche relazione con l’antica agorà ) perchè purtroppo è una questione non trattabile in un commento (per carenza di tempo e spazio) e comunque è un qualcosa che non ha nulla a che vedere con la musicalità dei caraibici- intendiamoci :)) .

    Invece mi soffermo sulla questione che tu sollevi della transitorietà dei modi di essere e di relazionarsi . E qui viene fuori ciò di cui discutevo con Galatea e cioè la continua evoluzione dell’identità e cioè la tradizione viva.
    E’ evidenti che i modi sono transitori ma se sono l’evoluzione spontanea di una comune tradizione allora caratterizzano un precisa identità .
    Ora le origini della formazione della identità italiana quelli della destra radicale e i fascisti come Veneziani la fanno risalire alla romanità: ma sono in questo intellettualmente disonesti poichè l’italianità (sia pure recando in sè alcuni aspetti della romanità e della grecità – ma romanità e grecità appartengono ormai anche alle tradizioni di tutto europa) nasce in contrapposizione alla romanità, si forma nel contesto dei comuni, si sviluppa col rinascimento toscano (che ne è il cuore storico) e si irradia su tutta la penisola dove più intensamente (centro-nord) e dove meno intensamente (sud, cioè la napolitania e la sicilia). L’italianità ha poi un poi un autentico periodo di splendore ed exploit culturale nel ventennio fascista (dando vita a fenomeni mondiali come il futurismo, il primato mondiale sulle ricerche scientifiche nel campo atomico, urbanistica, architettura bene rappresentate da istituzioni incredibilmente alte come l’enciclopedia treccani etc. etc.,) per poi eclissarsi pian piano (l’ulitmo grande della cultura italiana è Pasolini e il cinema degli anni 70) fino a non avere più nulla da dire nella nostra epoca e avendo davanti a sè il congedo dalla storia (ma questo è questione comune a tutti i paesi europei)
    Comunque una civiltà e tradizione di grande rispetto: con il rinascimento toscano che è stato un faro per l’intera civiltà mondiale.

    Sempre avendo riguardo alla questione della evoluzione, della tradizione viva : guiarda ad es. la lingua italiana. Leggiti qualcosa di Manzoni e ti accorgerai che la lingua del manzoni è quasi identica a quella attuale. Ciò significa che l’italianità sta per morire, è ferma. Non ha più nulla da dire. E’ un “fossile” diversamente da quanto sostiene il Venezioani

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  31. mirage,

    concordo su molto di quel che dici…

    solo sul primato culturale in epoca fascista avrei da ridire;al di là dei tanti ottimi esiti che tu citi (anche se per me il futurismo russo è più pregnante) in Europa e nel mondo vi erano comunque enormi espressioni letterarie dall’avanguardia dadaista, al noir americano, che la cultura idealista italica considerava di serieb; chiaro he la musicalità caraibica è diversa dalla nostra, ha addirittura la ritmica in levare, che noi non abbiamo, ma è pur sempre musicalità…ma come tu dici non è qui il luogo per entrare sui dettagli. Il melodramma è vero fu cosa tipicamente italiana, ma fu…

    Sono pienamente d’accordo che la romanità sia altra cosa dall’italianità.

    Manzoni ho letto… qualcosina ;)… ed è vero che la prosa italiana media attuale non si discosta molto (ovviamente banalizzando Manzoni e riproducendone gli schemi senza la forza, un po’ come la prosa tardo-risorgimentale), nonostante Gadda e altri che hanno provato a innovare.

    D’altronde è anche vero che arriva un momento storico in cui forse un popolo, a livello di cultura come paideia, non ha più molto da evolversi; forse anzi stiamo regredendo.

    Proprio per questo, più che un fossile, definirei l’italianità un sentimento, cioè il sentirsi parte della comunità dei cittadini che risiede, lavora e osserva le leggi italiane, tutto qua.
    Magari (o magari no…) con gli anni, i “nuovi italiani” (magari le seconde generazioni o le terze degli immigrati) potrebbero, attraverso l’apporto delle loro culture, cioè la contaminazione che all’arte è essenziale, portare nuovi contributi anche in senso culturale…chissà.

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  32. dai begli interventi di mirage e brunaccio, comprendo la difficoltà di definire cosa sia “essere italiani” anche se per esempio qualche tratto comportamentale come la teatralità, la propensione ad esternare più che a coltivare con discrezione nell’intimo, in effetti è percepibile

    però, oggi, per lo meno dal po in su, l’italianità non c’è, non c’è più, in larga parte delle popolazioni, in quanto la classe dirigente è espressa da un movimento che si richiama eplicitamente ad un’identità di italia del nord (qui non voglio criticare, nè esaltare, è un dato di fatto)

    quindi, l’italia stessa, come “sentire”, non è sentita, quindi, non è.

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  33. Sig. Mirage, sono davvero felice per il fatto che le Sue illuminazioni filolo e filosofiche abbiano trovato desiato albergo in questo che è attualmente il cuore pulsante della filologia italica.
    Sig. diego: se Lei avesse per caso sospettato di aver detto qualcosa di intelleggibile, si legga il successivo commento filoloclasta del sig. s|a (che secondo me, nella sua accesa preveggenza mostra evidenti segni di appartenenza -ma quale identità?- alla schiatta se non dei Michelstaedter almeno degli Slataper. E qui mi taccio, perché su questi temi può procedere oltre solo il sig. Train.

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  34. gentile s barra a, per mia scarsa capacità di lettura senz’altro, ma non mi è chiaro cosa significa “debole categoria filosofica”; la parola “identità” significa appunto “identità”; senz’altro viene usata male, a volte in malafede, ma a mio modesto avviso il significato è chiaro

    se ad esempio vado allo stadio di marassi con la sciarpa rossa e blu, mi identifico appunto come sostenitore del genoa, quindi, per quel contesto è una forma di identità, cioè l’identità significa appunto la possibilità di identificare

    a me pare semplice, ma io sono una persona semplice, forse troppo

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  35. Ma si figuri, sig. diego. Questo è un sito filosologico, o filolosofico, quindi la parola identità qui non ha senso. Loro la aboliscono, e il gioco è fatto. Guidate dalla signorina, le legioni cicisbeiche non conosceranno ostacoli.

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  36. Forse avrei dovuto dire categoria logico-linguistica, per quanto la differenza non sia granché. Credo che nella contraddizione o meglio ancora nell’ambivalenza vi sia la traccia di ciò che è vivo, o ancora vivo, in ciò che ha ancora la potenza del simbolo e non la sclerosi dell’identità, come segno ormai già fissato. Oppure credo nella relazione, ancora e sempre molto meglio che l’identità.

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  37. Vedo che questo dibattito sta suscitando interesse e, pur non essendo il sottoscritto nè un filosofo nè un filologo, ritengo giusto dire ciò che penso, ricollegandomi anche all’intervento interessantissimo di DIEGO

    L’identità e una percezione interna, è il modo di sentirsi, potremmo dire che è l’autocoscienza detto in estrema sintesi…(in filosofia l’identità si darebbe quando in un giudizio il soggetto e il predicato sono coincidenti e intercambiabili, ma non è questo il caso).

    Poi dall’identità individuale nascono varie declinazioni, che si fondano su un senso di appartenenza: identità di classe, identità sportiva (come diceva diego), identità religiosa e quant’altro.
    (si noti che il termine identità qua significa appartenenza, non identico nel senso di perfettamente uguale)

    questo senso di appartenenza, che nasce dall’identità individuale (se non si ha coscienza di sè non ci si può relazionare o sentirsi parte di altro), pertiene all’individuo, perchè l’individuo è essere sociale e legato ad altri individui singoli, o a collettività.

    e a questo punto ribadisco, umilmente ma con convinzione, che allo stato attuale delle cose l’identità/appartenenza ci sia solo in chi la sente: c’è chi pur essendo operaio non si sente tale, c’è chi non tifa per nessuna squadra, oppure magari tifa jve inter o milan, pur abitando a genova, c’è chi pur essendo italiano tale non si sente
    (poi ovvio ci sono gradazioni c’è l’ultrà sfegatato e quello più tiepido, il cosmopolita, il nazionalista di tipo suprematista, e chi ha un senso di appartenenza nazionale più democratico e non esclusivista…la differenza tra patriottismo e nazionalismo aggressivo.

    quindi concordo appieno con diego su un punto: dove non c’è questo sentire l’italianità non c’è; e dove c’è è qualcosa di talmente intimo e sottile che are di definirlo è, ripeto, un po’ aria fritta secondo me, anche alla luce di quanto emerso.
    questo è solo ciò che penso, non sono nè un dotto nè altro…mi ha solo interessato questa discussione, tutto qua

    p.s. la tendenza alla teatralità come la intende diego è forse più un fenomeno tipico dei popoli mediterranei che italiani in senso stretto: avete mai visto come gesticolano e platealizzano i maghrebini o gli spagnoli ?(per fare due esempi)…molto più di un altatesino o di un lombardo…ovvio sempre generalizzando.

    buona giornata

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