L’untore

Certo, avrebbe dovuto andare dal medico. Glielo avevano detto tutti, i colleghi, in cantiere. Quella tossettina stizzosa, che alle volte gli trinciava il respiro di netto; e poi, quella febbriciattola che saliva su, ogni sera, regalandogli un mal stare che era più della solita stanchezza. Sì, glielo avevano detto tutti, che doveva andare dal dottore. Veramente ci aveva pensato anche lui, da solo. Non è che se uno viene dall’Africa queste cose non le sa. Anche lì, a casa sua, nella città da cui proveniva, che quando si sta male per un po’ di giorni e non guarisci devi andare dal medico lo sai. Mica tutti gli africani vivono in capanne di fango e si fanno curare dagli stregoni, eh. Lui, per esempio, era sempre vissuto in un quartiere di una grande città. Le capanne e gli stregoni, a dire il vero, non li aveva visti mai. O meglio, solo nei documentari. Anche questo, mica riuscivi a farlo capire agli Italiani suoi colleghi. Che in Africa, lui vedeva la televisione, come loro. Nelle case c’erano gli apparecchi, con i canali, e gli show, e le ballerine e i quiz, e persino il Grande Fratello. Sua sorella Ellen, per esempio, lo guardava, il Grande Fratello, su in Africa. Quando tornava a trovarla gli raccontava delle tresche fra gli abitanti della casa, ed era tutto un ragionare sul perché Kira si era messa con Ahmed e non con l’altro, e se Ibni era davvero innamorato o faceva solo finta, per non farsi nominare. Ecco, quando raccontava cose del genere, ai suoi colleghi italiani, lo guardavano come se volesse prenderli in giro. Loro, l’Africa, se la immaginavano come una specie di niente in cui ogni tanto spunta un villaggio turistico. Lì dentro c’è la civiltà, con le piscine e l’american bar e la discoteca alla sera, e fuori, be’ fuori il panorama, i leoni, la savana, i negri vestiti con le maschere che si dipingono il corpo per i turisti, e, quando i turisti non ci sono, muoiono di fame sotto gli occhi pietosi dei missionari. Sembra che non sappiano fare altro, gli Africani: divertire i turisti o morire di fame e di malattie in qualche tucul sperduto fra leoni e coccodrilli.

Lui, invece, era nato in una città. Più grande, ma molto più grande di quel paesotto sperduto di campagna dove viveva adesso. Dio, la prima volta che l’aveva visto, gli si era chiuso il cuore: non c’era nulla, a parte una piazzetta, un campanile, un bar e una fila di villette alternate ai capannoni. D’inverno un freddo becco che ti tagliava la pelle, d’estate un caldo, ma così maledetto che rimpiangevi il caldo d’Africa, e in mezzo giorni e giorni di nebbia che non avevano un principio né una fine.

Fosse stato a casa sua, dal medico ci sarebbe andato. Quando si deve, ci si va. Ma qui. Già a dire al capocantiere “sto male”, quello ti guarda storto, e lascia intendere che di gente che non sta male e può prendere il posto tuo, c’è la fila. E poi, c’era quella cosa del permesso di soggiorno. Lui, quando era arrivato, ne aveva uno regolare, eh. Per anni era andato a rinnovarlo all’ufficio stranieri, facendosi le code, di notte, all’addiaccio, per non perdere il posto. Ma l’anno scorso, mannaggia! Avevano messo quella benedetta tassa di 200 euro. Cazzo, lui lavorava, ma con quello che era aumentata la vita, il cibo e l’affitto da pagare –che per una brandina in una stanza con altri cinque, voleva 300 euro al mese, quel cornuto del signor Carli, il padrone di casa– quei maledetti 200 euro a fine mese non li aveva trovati. Cioè, li aveva trovati, ma avrebbe dovuto saltare un mese di mandarli a casa, a Ellen. Non poteva proprio non spedirglieli: compiva gli anni, Ellen, quel mese. Dunque il permesso di soggiorno non lo aveva rinnovato, no. Tanto in cantiere non controllava nessuno, bastava allegare una fotocopia di quello vecchio e pace. Ma per andare dal medico, no. Avrebbe dovuto mostrare il documento. Avrebbe dovuto passare l’esame dell’infermiera e la trafila allo sportello. Se ne sarebbero accorti che era scaduto. Se ne sarebbero accorti che era un clandestino. Lo avrebbero dovuto denunciare.

Quindi, non ci era andato, dal dottore. Aveva comprato in farmacia uno sciroppo e un flacone d’aspirine. Ma la tosse, no, quella non se ne era andata. Era rimasta lì, come un macigno che pesava sul torace, e alle volte anche sullo stomaco, e quando faceva per sputarla fuori era peggio, pareva gli strappassero i polmoni un pezzo alla volta. Glieli strappava un pezzo alla volta. Se ne era reso conto quando, una sera, togliendo il fazzoletto da davanti la bocca lo aveva visto rosso di sangue. L’aveva capito allora che era tubercolosi, non una infreddatura. Troppi ne aveva visti prenderla, a casa sua, quella maledetta roba lì. Ma, anche sapendolo, dal dottore non ci era potuto andare lo stesso. E poi, perché? Forse era già troppo tardi. Aveva continuato a lavorare, in cantiere. Avrebbe lavorato fino a quando ce l’avesse fatta a reggersi in piedi. Per mandare a casa ad Ellen i soldi, ogni mese, dato che probabilmente sarebbero stati gli ultimi. Lo sapeva di essere segnato, e anche contagioso, ma che poteva fare? Per prudenza, cercava di stare in disparte dai colleghi, almeno da quelli simpatici: giusto un cenno di saluto, da distante, con la mano, ma da vicino mai. Invece al signor Carli, il padrone di casa, quello che pretendeva 300 euro per la brandina, ed era anche sfondata, ecco, a lui la mano la dava, e guardando bene di essercisi pulito prima la bocca. Quando sei un morto che cammina, in fondo, qualche soddisfazione te la puoi anche prendere, no?

7 Comments

  1. Si, in Italia oggi c’e’ chi non ha il diritto di vivere e chi non ha il diritto di morire.
    Qualcuno che ne avrebbe il dovere, di morire intendo, pero’ a me mi verrebbe pure in mente, eh.

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  2. @ farlocca: credo proprio che si’, funzionera’. Nella stragrande maggioranza dei casi almeno, anche se non posso escludere che qualche medico fanatico leghista si senta in dovere di applicare la norma (Prosperini, e chi e’ di Milano sa di chi parlo, ad esempio e’ un medico).

    Il punto pero’ non e’ questo. Se la norma viene confermata e resta in vigore, anche se non un solo clandestino verra’ denunciato, ce ne sara’ sempre qualcuno che per paura non andra’ dal medico (gia’ adesso purtoppo avviene).

    Anche il solo annuncio del provvedimento scoraggera’ inevitabilmente qualcuno…

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  3. infatti: sarebbe importante che molte regioni facessero quello che ha fatto Vendola.

    No’ della Regione alla delazione da parte dei medici di base. «Altrimenti non potranno sottoscrivere l´accordo con la Regione». La Puglia sceglie la linea dura sulla vicenda delle cure mediche ai clandestini irregolari e impone il segreto nelle strutture pubbliche.

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  4. “fai a bene a ungere questa canaglia: ugnili, estirpali costoro, che non valgono qualche cosa se non quando sono morti”

    oltre che clandestini, pure malati.
    potrebbe essere questo un ulteriore pretesto per gridare “dagli all’untore” ed agire di conseguenza.
    non credi?

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  5. Questo tuo (splendido) post è del 5 febbraio.
    Non c’è stato da aspettare nemmeno un mese e mezzo, purtroppo.
    Un saluto.

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